Voli di linea: “Le variazioni di ossigeno influenzano positivamente lo stress degli equipaggi”

Chiunque abbia volato ha provato la sensazione di orecchie tappate dopo il decollo e prima dell’atterraggio. Si tratta di normali variazioni della pressione atmosferica, dovute alle fasi di salita e discesa, a cui corrispondono variazioni anche nei livelli di ossigeno ai polmoni. A differenza dei comuni passeggeri, gli equipaggi possono essere sottoposti a queste variazioni più volte al giorno, fatto potrebbe influenzarne la salute e lo stato psicologico. Una ricerca condotta su modelli animali dall’Unità di Neurofarmacologia dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), in collaborazione con il Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia dell’Università Sapienza di Roma e l’Agenzia Spaziale Italiana, mostra invece che non ci sono effetti negativi sul sistema nervoso. Al contrario: in animali precedentemente esposti a condizioni stressanti, è stato osservato che condizioni simili ai voli di linea aumentano la resistenza e la risposta proprio allo stress.

Gli aerei volano a una quota di circa 10-12mila metri, altitudini alle quali l’atmosfera è rarefatta al punto da rendere impossibile la sopravvivenza. Grazie ai motori, l’aria viene in parte compressa e, per evitare sollecitazioni eccessive alla struttura dell’aereo, viene mantenuta a valori analoghi a quelli che troveremmo su vette di 2mila metri circa; un livello considerato fisiologico, ma che porta comunque a una riduzione dell’ossigeno respirato.

“La più bassa percentuale di ossigeno generalmente non crea problemi”, spiega Roxana Paula Ginerete, prima autrice dello studio pubblicato sullo European Journal of Neuroscience. “Al massimo, in persone particolarmente sensibili, ci possono essere mal di testa, insonnia e irritabilità. Ma un passeggero è esposto solo occasionalmente a queste condizioni, mentre piloti e assistenti di volo possono passare più volte al giorno per fasi di decollo e atterraggio, con le relative variazioni di pressione tra la quota dell’aeroporto e i 2mila metri.”

Per la ricerca, 2 gruppi di animali, in condizioni rispettivamente di stress e normali, sono stati sottoposti a variazioni dei livelli di ossigeno identiche a quelle che avvengono al decollo e all’atterraggio, con simulazioni di 2 voli al giorno: “Abbiamo visto che gli animali non stressati non hanno avuto particolari effetti negativi”, prosegue Ginerete. “Ma ci ha sorpreso vedere che quelli in condizioni stressanti avevano avuto, dopo i voli simulati, una riduzione proprio degli indicatori di stress.”

“Le condizioni psicofisiche di un equipaggio sono fondamentali per la sicurezza del volo”, afferma Ferdinando Nicoletti, responsabile dell’Unità di Neurofarmacologia. “Parliamo di persone che, per la natura stessa del loro lavoro, incontrano regolarmente situazioni di stress. E allora, se ulteriori esperimenti anche su esseri umani confermeranno i nostri risultati, è molto interessante vedere che proprio le tipiche condizioni di volo esercitano una specie di azione protettiva sul sistema nervoso.”