
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia IEO, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare INFN e di Sapienza Università di Roma – coordinati da Emilio Bertani, della Divisione di Chirurgia dell’Apparato Digerente e direttore dell’Unità di Chirurgia dei Tumori Neuroendocrini dello IEO, e Francesco Ceci, direttore Divisione di Medicina Nucleare dello IEO – ha condotto con uno studio clinico secondo il quale l’impiego di una innovativa sonda “cerca-tumore” migliorerebbe l’efficacia della chirurgia dei tumori neuroendocrini gastrointestinali. La tecnica prevede l’iniezione di una minima dose di radiofarmaco specifico per i tumori neuroendocrini, che va selettivamente a posizionarsi sulle cellule tumorali. “La chirurgia radioguidata fino ad oggi ha utilizzato le sonde a raggi gamma che non funzionano quando quello che si vuole rivelare è vicino a organi che assorbono molto radiofarmaco, come per esempio nell’addome”, dichiarano Francesco Collamati, dell’Infn, e Riccardo Faccini, di Sapienza Università di Roma. “Una sonda come quella da noi ideata, che rivela i positroni anziché i fotoni, permette di rivelare esattamente specifiche forme di tumore in zone del corpo dove sarebbe altrimenti impossibile individuarle.”
“Grazie alla collaborazione con IEO, siamo riusciti a validare per la prima volta la sonda durante interventi chirurgici”, afferma Ceci, ideatore della sperimentazione. “La vera innovazione di questa procedura chirurgica risiede nel somministrare ai pazienti durante l’intervento lo stesso radiofarmaco cancro-specifico usato per la diagnostica PET: prima individuiamo con la PET le localizzazioni del tumore; poi utilizziamo la sonda per rimuoverle con grande accuratezza.”
“IEO è sempre più vicino all’obiettivo ‘chirurgia di precisione’, capace di asportare niente di più e niente di meno di ciò che è necessario per guarire”, afferma Bertani. “Anche il chirurgo più esperto in 1 caso su 3 può lasciare della malattia residua, non visibile neppure alla PET perché localizzata, ad esempio, nei piccoli linfonodi vicini ai vasi mesenterici. La sonda beta è in grado di rilevare anche la minima presenza di cellule tumorali e nell’80% dei casi il chirurgo riesce a rimuoverle senza creare danni eccessivi. Il punto forte della procedura è che bilancia la capacità di trovare la malattia e la necessità di preservare tessuti vitali per il paziente.”
“È importante ricordare che per i tumori neuroendocrini la chirurgia è l’unica forma di cura radicale”, prosegue Bertani. “Purtroppo però, fino al 30% delle laparotomie non arrivano a sterilizzare il letto tumorale e dunque a controllare il tumore. Le metastasi linfonodali si ripresentano nel 10% dei casi. La nuova sonda rappresenta quindi un grande progresso e una speranza nel trattamento dei NET (neuroendocrine tumours, ndr) anche se occorre sottolineare che ciò che cambia il risultato non è tanto la tecnologia quanto la procedura: la sonda è efficace soltanto se è in mano a un chirurgo esperto.”
“Gli eccellenti risultati ottenuti sui tumori neuroendocrini ci incoraggiano a estendere lo studio”, conclude Ceci. “È già in corso in IEO uno studio nel carcinoma prostatico, e abbiamo in programma di applicare la procedura con la sonda beta anche ad altri tumori gastrointestinali e ai tumori ginecologici.”