Al Papa Giovanni XXIII otorino e chirurgo plastico lavorano per ricostruire la lingua dopo l’asportazione di un tumore. Sono già 6 i casi trattati con successo nell’ultimo anno e mezzo, anche in piena emergenza coronavirus. Il 19 febbraio, in una camera di degenza della Otorinolaringoiatria, è ricoverato S.G., 64 anni, pensionato e residente in provincia di Bergamo. Ha appena subìto una complessa operazione di microchirurgia ricostruttiva a causa di un raro tumore. Una parte della sua lingua è stata asportata e il pezzo mancante è stato sostituito con un lembo prelevato dalla sua coscia. Per S.G. il peggio è passato: il paziente viene dimesso il 6 marzo. Nel frattempo a Bergamo la diffusione dell’epidemia da Covid-19 è in crescita esponenziale e l’ospedale in cui si trova non è ormai più quello che lo aveva accolto solo 2 settimane prima.
Per il paziente, tutto ha inizio a fine novembre 2019, quando un fastidio, come un bruciore nella parte posteriore sinistra della lingua, lo convince a rivolgersi al medico. L’ipotesi iniziale è quella di un’infiammazione. Si prova con un collutorio, ma il dolore non passa. Allora S.G. pensa a qualche disturbo legato alle gengive o a un ascesso ed è il dentista che rivelando invece la presenza di un nodulo lo indirizza alla Stomatologia del Papa Giovanni. Subito viene coinvolta l’Otorinolaringoiatria, che prescrive un approfondimento diagnostico: una biopsia col prelievo di una piccola porzione di lingua e una risonanza magnetica per valutare la situazione dei tessuti e dei linfonodi del collo. La diagnosi arriva a gennaio: il tumore alla lingua è un carcinoma. Rappresenta circa il 2% di tutti i tumori diagnosticati ogni anno in Italia. L’incidenza è di 8-10 casi su 100mila abitanti.
Per S.G. vengono fissati il ricovero e la sala operatoria per il 19 febbraio. L’emipelviglossectomia dura più di 5 ore; si tratta un intervento di microchirurgia particolarmente complesso. “Una diagnosi tempestiva in questi casi è fondamentale. L’intervento chirurgico va fatto il prima possibile. È un’operazione che si svolge in sincrono tra specialisti di diverse discipline chirurgiche”, spiega Giovanni Danesi, professore di Otorinolaringoiatria all’Università di Trieste e direttore del Dipartimento delle Neuroscienze e dell’Unità di Otorinolaringoiatria dell’ASST Papa Giovanni XXIII. “L’otorino asporta la porzione di lingua colpita dal carcinoma e consensualmente svuota i linfonodi del collo, per ridurre il rischio che il tumore si diffonda con metastasi ai linfonodi stessi. In contemporanea il chirurgo plastico si prepara per la ricostruzione.”
“Per ricostruire le parti mancanti della lingua utilizziamo un lembo prelevato dalla superficie laterale della coscia, sulla quale resterà poi solo una cicatrice. Grazie al microscopio operatorio, i vasi sanguigni di questa porzione di tessuto prelevato dalla coscia, del calibro di 1-2 millimetri, vengono suturati ai vasi del collo per rivascolarizzare l’innesto e renderlo autonomo”, spiega Pier Paolo Bonfirraro, chirurgo plastico responsabile dell’Unità di Microchirurgia ricostruttiva. “Successivamente, il lembo di ricostruzione viene modellato per adattarsi perfettamente alla parte di lingua asportata, per una ricostruzione il più possibile simile alla situazione originaria. Si tratta di interventi chirurgici poco frequenti ma estremamente delicati. Per il paziente la ricostruzione è fondamentale per assolvere ad attività funzionali quotidiane come parlare, mangiare, deglutire. Attività che, oltre a permettere il prosieguo della terapia post-operatoria senza traumi, hanno anche un risvolto relazionale non indifferente.”
A soli 4 mesi dalle sue dimissioni, S.G. parla distintamente: “Se non comunico sto male”, confessa in un’intervista telefonica. “Sono sempre stato abituato a parlare, anche per lavoro. Da quando l’emergenza Covid-19 è passata mi sono già sottoposto a due visite di controllo. Non ho problemi di deglutizione. La voce e la dizione le sento mie. Sto però seguendo un percorso con un logopedista, sempre al Papa Giovanni. Devo perfezionare la masticazione e lavorare su alcune singole parole. Il consiglio che mi sento di dare a tutti, da ex-fumatore, è di abbandonare subito la sigaretta.”
Come per tutti i tumori del cavo orale, anche per quello alla lingua sono fattori di rischio il fumo di sigaretta, il consumo di alcol e traumi interni alla bocca. Il tumore alla lingua può presentarsi con una macchia oppure con una lesione che non guarisce. Spesso si sente un dolore, anche lieve, e cattivo sapore in gola. S.G. è stato il sesto paziente a sottoporsi a questo tipo di operazione al Papa Giovanni nell’ultimo anno e mezzo. Per tutti l’esito è stato positivo.
“La presenza di un’esperienza clinica così variegata ci permette di aprire percorsi diagnostici e terapeutici all’avanguardia per ridurre al minimo le disabilità dei pazienti affetti da questi tumori”, afferma Fabio Pezzoli, direttore sanitario dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo. “Anche patologie non certo frequenti, come le neoplasie del cavo orale, sono affrontate con un approccio clinico a 360°. Per la fase diagnostica e per l’intervento ci avvaliamo della competenza multidisciplinare di oncologi, otorinolaringoiatri e chirurghi plastici. Sempre grazie a queste figure seguiamo il paziente, che può contare su competenze di assoluto valore nel decorso post-operatorio e riabilitativo insieme a logopedisti e terapisti del dolore.”