
Quasi una paziente su 3 riferisce di non essere stata curata in una Breast Unit, cioè in un Centro di Senologia Multidisciplinare, né riceve le informazioni necessarie per poter scegliere con consapevolezza dove rivolgersi. A 5 anni dalla legge che stabilisce l’istituzione delle Breast Unit, un’indagine condotta dall’Istituto di Ricerca SWG fotografa per la prima volta lo scenario, riportato dalla voce delle pazienti stesse. La ricerca è al centro della campagna Chiedo di +, realizzata da Europa Donna Italia con il supporto incondizionato di Roche, presentata nei giorni scorsi al Senato della Repubblica e i cui risultati sono stati riassunti in 10 punti nel Manifesto Chiedo di +.
Tra i gap riscontrati, il primo riguarda i tempi di attesa in ogni fase del percorso – dalla formulazione di una diagnosi completa alla cura prima e dopo l’intervento – percepiti ancora come troppo lunghi. Le pazienti riportano infatti 2,3 mesi di attesa in media tra l’esecuzione degli esami e la diagnosi. Tra le altre principali criticità troviamo: la carenza di informazioni sia sugli effetti collaterali delle terapie sia su come gestirli, un problema riportato da una donna su 4 riguardo alla chemioterapia e alla radioterapia, e da oltre il 42% riguardo all’ormonoterapia, dato particolarmente significativo se si considera che queste cure si prolungano per 5 anni; la carenza di informazioni per prevenire e curare il linfedema, anche con trattamenti precoci che possono portare a interventi meno invasivi (soffre di linfedema una intervistata su 4 e una su 6 riferisce di non aver ricevuto sufficiente supporto nella riabilitazione, nonostante sia prevista dai Livelli Essenziali di Assistenza); in molti casi il mancato accertamento della eventuale presenza di familiarità e/o di mutazioni nei geni BRCA; la scarsa disponibilità dello psiconcologo ancora in molti centri, insufficiente per il 63% delle intervistate; la necessità di una maggiore presenza del chirurgo oncoplastico all’interno del team multidisciplinare, in considerazione dell’elevata percentuale di mastectomie (43% delle donne intervistate sottoposte ad intervento chirurgico); la scarsa presa in carico delle pazienti durante il follow-up. Inoltre non sempre è assicurata la continuità di cura, infatti 4 intervistate su 10 hanno dovuto cambiare struttura, e ancora troppo spesso le giovani pazienti non ricevono adeguate informazioni e assistenza sulla conservazione della fertilità. Infine, manca la figura del nutrizionista per fornire informazioni sull’alimentazione da seguire per la prevenzione delle recidive. “Il nostro obiettivo con questa campagna – commenta Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia – è sensibilizzare sulla necessità di completare lo sviluppo delle Breast Unit e, come previsto dalla legge, assicurarne il monitoraggio in tutto il territorio italiano, affinché tutte le pazienti abbiano accesso a cure tempestive e percorsi terapeutici appropriati.”