“Trombocardiologia”: la nuova disciplina medica contro la trombosi

Un Professore autorevole come Eugene Braunwald, davanti a 35mila cardiologi provenienti da tutto il mondo e riuniti a Barcellona in occasione del recente congresso della Società Europea di Cardiologia, ha dichiarato che è arrivato il momento di parlare di “Trombocardiologia”. La Trombosi è causa della stragrande maggioranza delle malattie cosiddette cardiovascolari, ovvero un frammento di trombo che diventa embolo e porta a ictus cerebrale o ancora le ischemie, gli infarti del rene, dell’intestino, delle arterie periferiche, che spesso portano all’amputazione o a gravi invalidità. Provoca malattie che conosciamo con il nome dell’organo colpito: così la Trombosi coronarica provoca Infarto del miocardio; la Trombosi di una qualunque arteria provoca Ischemia; la Trombosi in una vena provoca flebite o Trombosi venosa superficiale o profonda; i frammenti di trombo che si liberano nel sangue provocano embolia nel polmone (Embolia polmonare) o nel cervello (Ictus cerebrale). Un Trombo è sostanzialmente un coagulo di sangue; quando si forma su una ferita visibile, esso serve a fermare l’emorragia, guarire l’infiammazione e guidare la ricostruzione della cicatrice. Quando invece si forma all’interno di un’arteria, di una vena o di un capillare, benché l’obiettivo sia il medesimo, questo deve essere raggiunto rapidamente, per potersi – altrettanto velocemente – scogliere, evitando così di bloccare la circolazione del sangue.

Se chiamiamo le malattie partendo non dall’organo che colpiscono ma dal meccanismo che le provoca, ci accorgiamo che le malattie causate da Trombosi sono le più diffuse al mondo, con un’incidenza doppia dei tumori. Possono essere evitate almeno in 1 caso su 3, eppure sono ancora sottovalutate, benché sotto il nome generico e impreciso di “malattie cardiovascolari” rappresentino l’incontro più probabile per la stragrande maggioranza dei soggetti, più frequente con l’invecchiamento ma non impossibile nei bambini e perfino nei neonati. Costituiscono la prima causa di morte e di invalidità precoce nel mondo cosiddetto industrializzato. Ogni anno, in Italia, sono 200mila le persone che con la giusta prevenzione potrebbero non essere colpite, risparmiando vite, denaro e migliorando la qualità di vita dei pazienti e dei loro famigliari.