Da Tigem scoperta la “tana” di SARS-CoV-2 e un nuovo aspetto della replicazione

Presso l’Istituto Theleton di Genetica e Medicina Tigem di Pozzuoli, il gruppo di ricerca guidato dalla prof.ssa Antonella De Matteis ha fatto luce su come SARS-CoV-2 si replichi all’interno delle cellule umane, suggerendo anche un nuovo potenziale bersaglio farmacologico per nuovi farmaci anti-COVID-19. Lo studio, pubblicato su Nature, è frutto dell’esperienza Tigem sul traffico di membrane, l’insieme dei meccanismi di trasporto da e verso le cellule, che risulta compromesso in diverse malattie genetiche rare. Il lavoro è stato supportato, oltre che Fondazione Telethon, da Regione Campania e Ministero dell’Università e della Ricerca.

“Fin dall’esordio della pandemia da coronavirus ci siamo chiesti come mettere le nostre competenze al servizio di questa emergenza sanitaria globale, per chiarire meglio il comportamento del nuovo virus, in particolare come sfrutta a proprio vantaggio la cellula ospite”, spiega De Matteis, direttrice del programma di Biologia cellulare del Tigem, ordinario di Biologia cellulare all’Università Federico II di Napoli. “L’interesse del nostro laboratorio è focalizzato sullo studio di 2 importanti distretti intracellulari che sono il reticolo endoplasmatico e il complesso del Golgi. Negli anni abbiamo cercato di capire come mutazioni di geni che causano malattie come la sindrome di Lowe, la malattia di Fabry o una forma di sclerosi laterale amiotrofica (SLA8), interferiscono con l’organizzazione di questi distretti e come la disfunzione di questi distretti porta alle manifestazioni della malattia.”

Il gruppo di ricerca ha messo a punto dei sistemi cellulari che riproducono i difetti responsabili di queste malattie genetiche e li ha ottimizzati anche allo scopo di cercare correttori delle disfunzioni cellulari. Grazie al lavoro di ricerca di base condotto nel corso degli anni su questi modelli di malattia, il team ha indagato le “strategie” impiegate da SARS-CoV-2, così come da altri coronavirus, per sfruttare le risorse della cellula ospite. “Subito dopo essere entrato nelle nostre cellule, SARS-CoV-2 si spoglia del suo rivestimento, costituito dalla ormai famosa proteina Spike bersaglio dei vaccini e da altre 2 proteine chiamate M ed E”, spiega De Matteis. “Prima di iniziare a riprodursi, il virus si costruisce una sorta di ‘tana’ sfruttando le membrane della cellula ospite, in particolare quelle del reticolo endoplasmatico, struttura importante per varie attività cellulari, tra cui la sintesi delle proteine. In questa nicchia il virus può replicare indisturbato il proprio patrimonio genetico a base di RNA, al sicuro dai sistemi di controllo della cellula ospite: un po’ come una mamma che protegge i suoi piccoli dai predatori.”

Il meccanismo con cui viene costruita la “tana” era perlopiù sconosciuto. I ricercatori del Tigem hanno scoperto che 3 proteine del virus sono importanti per questo processo: 2 – chiamate NSP3 e NSP4 – formano la tana vera e propria, fatta di vescicole tonde a doppia membrana all’interno della quale l’RNA si replica, mentre una terza – chiamata NSP6 – garantisce il collegamento con la struttura da cui arrivano i “mattoni” per costruire la tana, il reticolo endoplasmatico.

“Dobbiamo immaginare un cunicolo molto stretto, che lascia passare soltanto i grassi che servono per ingrandire la tana ma che impedisce il passaggio di proteine cellulari pericolose per le nuove copie di RNA virale”, aggiunge De Matteis. “Un altro aspetto importante è che alcune varianti di SARS-CoV-2 ritenute molto più infettive, compresa la omicron, presentano una forma mutata della proteina NSP6, che è in grado di fare cunicoli ancora più stretti e, proprio grazie a questo, di replicarsi più velocemente. In altre parole, abbiamo individuato un fattore che favorisce la replicazione del virus, ma che forse possiamo provare a neutralizzare farmacologicamente: abbiamo infatti individuato piccole molecole in grado di interferire con NSP6 e di ridurre la sua capacità di formare cunicoli stretti. Un potenziale bersaglio farmacologico per nuovi antivirali che contiamo di caratterizzare meglio nell’immediato futuro.”

“Questo lavoro – dichiara Andrea Ballabio, direttore dell’Istituto Tigem di Pozzuoli – conferma ancora una volta come le malattie genetiche rare siano un modello straordinario per studiare meccanismi cellulari di base che potrebbero quindi giocare un ruolo importante anche in malattie comuni come il Covid-19.”