Cellule staminali del sangue: terapia genica svela albero genealogico

Bastano poche settimane, a seguito di un trapianto di midollo, perché l’intero tessuto sanguigno, comprensivo di un sistema immunitario funzionante, si rigeneri. Comprendere come avviene questo processo permetterebbe di migliorare efficacia e sicurezza dei trapianti, con implicazioni per il trattamento di moltissime patologie diffuse, dai tumori alle malattie autoimmuni. Attraverso le analisi di follow-up dei primi bambini trattati con terapia genica per la sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS) – una malattia genetica rara del sistema immunitario – un gruppo di ricercatori coordinato dal prof. Alessandro Aiuti, vice-direttore SR-Tiget (Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica), e Luca Biasco, oggi all’Harvard Medical School di Boston, è riuscito per la prima volta a tracciare la storia di oltre 140mila cellule trapiantate nei cinque anni successivi al trattamento.

Lo studio, pubblicato su Nature Medicine e possibile grazie al sostegno di Fondazione Telethon, svela il ruolo delle diverse famiglie di staminali sia nella fase successiva al trapianto di ricostruzione da zero del sistema ematopoietico sia in quella stazionaria di mantenimento. I risultati della ricerca aprono nuove prospettive per tutto l’ambito ematologico. A dispetto della sua importanza clinica e scientifica, il processo attraverso il quale le cellule del sangue vengono continuamente rigenerate a partire dalle staminali del midollo è sempre stato difficile, se non impossibile, da studiare in vivo nell’uomo. L’avvio delle prime sperimentazioni cliniche di terapia genica per le immunodeficienze primitive ha però cambiato le cose. In questi approcci terapeutici, le cellule staminali del midollo, che nei pazienti presentano un gene mutato (causa della malattia), vengono estratte e corrette, inserendo al loro interno una copia funzionante dello stesso gene. La modifica genetica avviene attraverso un virus svuotato del suo contenuto replicativo e usato come vettore per consegnare la terapia nelle cellule. Una volta corrette, queste ultime vengono infuse nuovamente nel paziente, dove per duplicazione e differenziazione riproducono tutte le altre cellule del tessuto sanguigno.

“L’inserimento del gene terapeutico nel DNA delle cellule del paziente permette non solo di renderle funzionali e sane, ma anche di studiare cosa accade a ciascuna di loro nel corso dei mesi e degli anni successivi al trapianto”, spiega Aiuti. “Questo perché il gene inserito si posiziona in un punto casuale del DNA, che è diverso per ciascuna cellula. Le sue coordinate diventano così una sorta di codice a barre, un’etichetta che identifica quella specifica cellula staminale e tutte le cellule del sangue che deriveranno da lei.”

LA SINDROME DI WISKOTT-ALDRICH (WAS)

È una malattia genetica rara causata da una mutazione nel gene che codifica per la proteina WASp, una proteina espressa principalmente nelle cellule del sangue. Questa svolge, tra gli altri, un ruolo chiave nella formazione del citoscheletro, una sorta di “impalcatura” interna della cellula. Chi nasce con questa sindrome, e possiede dunque una copia non funzionante della proteina, soffre di una grave immunodeficienza e di continue emorragie, dovute al numero insufficiente di piastrine nel sangue.