
La Teatroterapia è una disciplina basata sull’utilizzo dell’insieme dei processi attorali, che impiega precisi protocolli artistico-terapeutici, riconosciuti dal Ministero della Salute, per sviluppare e migliorare l’interazione psico-fisica, cognitiva, emotiva e relazionale dell’individuo attraverso il lavoro di gruppo. Queste caratteristiche la rendono adatta a rispondere ad alcune esigenze di supporto espresse dalle persone che convivono con una patologia ad alto impatto psicologico, come l’artrite reumatoide. Fa parte delle arti-terapie riconosciute dall’ordinamento italiano.
Il progetto “ripARtiamo. La Teatroterapia per Affrontare l’Artrite Reumatoide” si avvale della collaborazione di APIT (Associazione Professionale Italiana Teatroterapia); sono previste, entro la fine dell’anno, tre sessioni pilota in altrettante regioni italiane.
PERCHÉ LA TEATROTERAPIA?
Dall’analisi di 350 questionari distribuiti tra le persone con artrite reumatoide iscritte alle Associazioni, è emerso che il 75% dei pazienti riconosce il supporto psicologico come un bisogno ancora da colmare. Di questi, il 36% lo ritiene estremamente utile per affrontare il carico emotivo e le sfide quotidiane che la malattia comporta. L’artrite reumatoide colpisce infatti nel pieno della vita, tra i 35 e 40 anni, e impone alla persona un cambiamento improvviso e radicale, che può essere difficile accettare.
“Quando si ha l’artrite reumatoide, non si riesce più a fare quello che si faceva prima e persino le cose più semplici, come vestirsi da soli o aprire un barattolo, possono diventare difficili, se non impossibili”, spiega Silvia Tonolo, Presidente ANMAR. “La vita va quindi riorganizzata e ci si interroga su cosa si riuscirà ancora a fare e per quanto tempo. Questo, insieme alla gestione dei rapporti familiari e lavorativi, comporta un notevole carico emotivo. Le persone chiedono quindi sostegno per affrontare il cambiamento.”
Più del 40% degli intervistati, in particolare quelli più giovani, sente appunto la necessità di andare oltre la patologia, riorganizzando la propria vita, la propria socialità, i rapporti personali e con il medico. Sono diverse le possibili forme di supporto che possono aiutare in questo senso: incontri personali con un terapista, gruppi di ascolto, colloqui telefonici individuali, corsi certificati di terapia. Tuttavia sono molti gli intervistati aperti anche a modalità alternative e originali di supporto terapeutico.
“Accettare le nuove condizioni di vita che l’artrite reumatoide impone non è semplice e un supporto esterno può favorire il recupero di autonomia e autostima”, prosegue Daniele Conti, Direttore AMRER. “Se è vero che molte persone con artrite reumatoide prediligono un supporto psicologico di tipo tradizionale, più noto e diffuso, tanti sono aperti a modalità innovative. L’importante è che siano gestite da esperti e seguano precisi protocolli certificati.”
La teatroterapia è dunque emersa dalla ricerca come una valida opzione di supporto psicologico “non convenzionale” per i pazienti: un modello di pensiero positivo che crea motivazione nel percorso di razionalizzazione della malattia, promuovendo un sistema di alleanze e partecipazione tra pazienti, familiari, specialisti e operatori sanitari.
“Grazie all’ascolto delle persone con artrite reumatoide abbiamo individuato nella teatroterapia una forma inclusiva di sostegno, che si può affiancare al percorso clinico e terapeutico delle persone, integrandolo,” conclude Antonella Celano, Presidente APMAR. “Era un progetto su cui stavamo riflettendo da tempo come Associazione e siamo felici di poterlo realizzare concretamente grazie alla collaborazione con tutti gli altri partner coinvolti.”
Sanofi Genzyme, divisione specialty care di Sanofi, e le Associazioni AMRER (Associazione Malati Reumatici Emilia Romagna), ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici) e APMAR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare) hanno individuato nella teatroterapia una modalità originale e certificata di supporto psicologico per le persone con artrite reumatoide. Il progetto partirà entro la fine del 2017, con alcune sessioni pilota in Lombardia, Emilia Romagna e Puglia, in collaborazione con i reumatologi e gli operatori sanitari dei centri specialistici, per proporre il programma ai pazienti e ai famigliari che vorranno aderire. Fondamentale è, infatti, il coinvolgimento di tutte le persone che si occupano dell’assistenza e della cura di chi convive con l’artrite reumatoide, in un’ottica inclusiva e multidisciplinare. L’auspicio per il 2018 è poter estendere il progetto alle altre realtà italiane, per dare la possibilità di fare questa esperienza al maggior numero possibile di persone che convivono con l’artrite reumatoide.