Esiste un nesso tra l’attività sportiva e quella intestinale? È la domanda a cui hanno cercato di rispondere alcuni ricercatori dello University College Cork e della National University of Ireland, i quali hanno eseguito la fenotipizzazione metabolica e la metagenomica funzionale del microbioma intestinale di 40 giocatori di rugby professionisti e di 46 soggetti di controllo che non praticavano sport, mettendo a confronto i risultati a seconda dei parametri dello stile di vita e delle misurazioni cliniche.
“L’esercizio fisico produce benefici nella composizione del microbiota e attenua lo stato infiammatorio. Ma i vantaggi a livello di attività metabolica sono ancora più marcati. Fare sport non aiuta solo a livello cardiovascolare”, afferma Fergus Shanahan il capo della ricerca. “L’esercizio fisico e le relative scelte di vita – prosegue David Pyne, dell’Australian Institute of Sport e dell’Università di Camberra – sembrano influenzare la diversità microbica e altri fattori che regolano le difese immunitarie e lo stato di salute. E anche se nell’immediato i medici non andranno a valutare la diversità microbica come parametro clinico, l’importanza della dieta e dell’esercizio fisico dovrebbe avere una considerazione maggiore nella pratica medica quotidiana.”
Dall’analisi dei dati si evince che rispetto ai soggetti di controllo, gli atleti hanno mostrato un potenziamento delle attività metaboliche del microbioma, come la biosintesi dei carboidrati. Inoltre, tra gli atleti ci sarebbe stato anche un aumento statisticamente significativo dei livelli di butirrato, associato all’assunzione di fibre alimentari, e propionato, acido fortemente correlata all’assunzione di proteine. L’articolo è stato pubblicato su Gut 2017.