Convivere con una malattia come la spondiloartrite è possibile, raggiungendo una buona qualità di vita, senza sviluppare gravi disabilità come in passato, e mantenendo una costante attività fisica. Ma i meccanismi di questa patologia sono complessi e la ricerca scientifica li sta gradualmente svelando. Ai progressi nelle cure e alle scoperte più attuali è dedicato il Congresso SpA & Sport, in corso fino al 18 ottobre 2024 presso l’Università di Padova e promosso dalla prof.ssa Roberta Ramonda, UOC di Reumatologia, Dipartimento di Medicina – DIMED Università degli Studi di Padova, vicepresidente della Fondazione Italiana per la Ricerca in Reumatologia FIRA.
Le spondiloartriti rappresentano un gruppo vasto ed eterogeneo di patologie infiammatorie croniche che interessano principalmente la colonna vertebrale e le articolazioni sacro-iliache, ma possono colpire anche le articolazioni periferiche, con coinvolgimento della membrana sinoviale, della capsula e della cartilagine articolare, dei tendini e del liquido sinoviale. Oltre alle manifestazioni articolari, le spondiloartriti possono essere associate a patologie extra-articolari, quali la psoriasi (dermatite cronica), l’uveite (infiammazione a carico di alcune strutture dell’occhio), o le malattie infiammatorie croniche intestinali, quali il morbo di Crohn o la rettocolite ulcerosa.
“Le spondiloartriti colpiscono 14,3 persone ogni 100mila adulti, con una netta prevalenza del sesso maschile (3:2) e un’età di insorgenza intorno ai 18-35 anni”, dichiara la prof.ssa Ramonda. “Se non riconosciute in tempo e trattate precocemente, possono causare progressivamente gravi disabilità, con importanti conseguenze fisiche, psicologiche, sociali, lavorative ed economiche. Diventa quindi fondamentale attivare percorsi diagnostici e terapeutici efficaci.”
Il sintomo principale comune a tutte queste forme è il dolore lombare, associato a rigidità e difficoltà nei movimenti, di fondamentale importanza, quindi, l’attenta valutazione di queste manifestazioni ai fini di una corretta diagnosi. Al momento, spiegano gli esperti, non si è ancora compreso l’esatto meccanismo che porta allo sviluppo delle spondiloartriti, ma gli studi scientifici si stanno concentrando su più fronti. La ricerca scientifica sta ad esempio indagando le cause legate alla spondilite, con interessamento in particolare delle vertebre, e ha messo in evidenza il ruolo fondamentale dello stato infiammatorio intestinale conclamato o subclinico come contributo al processo infiammatorio del danno articolare.
“Studi recenti hanno dimostrato che alterazioni nella composizione del microbiota intestinale possono predisporre sviluppi infiammatori sistemici e influenzare la risposta immunitaria, contribuendo così all’insorgenza e alla progressione della malattia”, dichiara il prof. Francesco Ciccia, ordinario di Reumatologia presso l’Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli, membro del Comitato Scientifico FIRA. “La disbiosi, caratterizzata da uno squilibrio tra microrganismi benefici e patogeni, può rafforzare i meccanismi immunologici coinvolti nella spondilite, attivando una risposta infiammatoria esagerata. Comprendere questi fenomeni può offrire nuove prospettive terapeutiche, spingendo a puntare anche su interventi mirati a modulare il microbiota e ridurre l’infiammazione intestinale.”
Anche la genetica è chiamata in causa dagli ultimi studi. Si sa da tempo, per esempio, che la presenza di un gene (HLA-B27) predispone allo sviluppo della spondilite anchilosante e di altre patologie immunomediate (tra cui diabete, sclerosi multipla e morbo di Crohn). “Le ricerche più attuali hanno inoltre messo in evidenza che una variante differente per 1 solo aminoacido (B*2709), diffusa nell’Italia meridionale, non conferisce predisposizione alla malattia. Dal confronto tra le 2 varianti, riteniamo di poter risalire in futuro alla scoperta del meccanismo che causa questa patologia”, afferma il prof. Alberto Cauli, ordinario di Reumatologia dell’Università di Cagliari, direttore della Reumatologia dell’AOU di Cagliari, membro del CdA di FIRA.
Il progresso della ricerca scientifica ha già permesso di sviluppare terapie sempre più innovative ed efficaci per il trattamento di queste patologie grazie ai farmaci biotecnologici che contrastano le citochine e proteine pro-infiammatorie (anti-TNF-alfa, anti CTLA-4 e anti-JAK), oltre a quelli tradizionali. “La terapia delle spondiloartriti si è arricchita permettendo ai pazienti di ottenere risultati impensabili sino a 10-15 anni fa. La possibilità di raggiungere uno stato di benessere definito come remissione è attualmente possibile in un numero sempre più elevato di pazienti”, dichiara il prof. Roberto Caporali, direttore del Dipartimento di Reumatologia e Scienze Mediche ASST Pini-CTO di Milano, Università di Milano. “Questa si può ottenere però solo se vi è una diagnosi e un trattamento precoce della malattia. Ad oggi permane un ritardo diagnostico ancora troppo lungo: è necessario lavorare molto sul riconoscimento dei sintomi di malattia e sull’invio precoce dei pazienti alla valutazione reumatologica per poter aumentare la quota di pazienti che possano raggiungere la remissione e riacquistare una normale qualità della vita.”
Per il miglioramento della qualità di vita dei pazienti, continuano gli esperti, è fondamentale adottare una terapia multidisciplinare che presti una particolare attenzione anche all’esercizio fisico, al potenziamento muscolare, alla fisiochinesiterapia e a un adeguato stile di vita anche dal punto di vista nutrizionale: “I benefici principali potenzialmente includono il miglioramento della mobilità articolare, della postura e della flessibilità, elementi fondamentali per contrastare la rigidità tipica della malattia”, afferma il prof. Andrea Ermolao, direttore dell’U.O.C. Medicina dello Sport e dell’Esercizio Università di Padova. “L’attività fisica regolare, in particolare esercizi di allungamento, rafforzamento muscolare e attività aerobiche a basso impatto, come il nuoto o il ciclismo, possono ridurre il dolore, l’infiammazione e la progressione della malattia, migliorando anche la qualità della vita. Tuttavia, è essenziale che il programma di esercizio sia individualizzato in base alle condizioni cliniche e funzionali del paziente.”
“È fondamentale per un migliore trattamento […] una gestione multidisciplinare che possa abbracciare la sfera della nutrizione, della salute mentale, dell’attività fisica e riabilitativa, grazie alla collaborazione tra Reumatologi, Medici dello sport, Fisiatri, Geriatri e Nutrizionisti, che per questa ragione abbiamo riunito per 2-giorni qui a Padova”, afferma Ramonda.
“La ricerca scientifica sta illuminando negli ultimi anni diversi aspetti importanti delle spondiloartriti e nel tempo ha consentito un nuovo approccio nella gestione della malattia arrivando a parlare di remissione”, dichiara il prof. Carlomaurizio Montecucco, presidente FIRA, ordinario di Reumatologia dell’Università di Pavia al Policlinico San Matteo. “Continuare negli studi e investire nella ricerca è fondamentale per compiere ulteriori passi avanti e offrire a sempre più pazienti prospettive di vita migliori.”
LE MALATTIE REUMATOLOGICHE
Le malattie reumatologiche sono patologie croniche che hanno pesanti riflessi sulla qualità di vita dei malati. In Italia si stimano più di 5milioni i pazienti affetti da malattie reumatologiche con un costo di circa 20miliardi all’anno. Nei Paesi occidentali, le malattie reumatologiche rappresentano la prima causa di disabilità e riguardano oltre 150 differenti patologie ad alto impatto sociale, sia per i costi che per il numero di malati, che aumentano con l’avanzare dell’età senza tuttavia risparmiare i soggetti più giovani inclusi bambini e adolescenti e avendo una “predilezione” per il genere femminile. Queste patologie, per l’infiammazione e il dolore costanti, portano a un ricorso ai farmaci talmente frequente da rappresentare la seconda causa di prescrizione in assoluto.