
No all’assunzione dei Medici di famiglia da parte delle Aziende Sanitarie come rinforzi per le Case di Comunità. A schierarsi è il sindacato medico Snami Emilia-Romagna, che giudica “un grave errore” la proposta “trapelata” nei giorni scorsi. In primo luogo, le Case di Comunità “sono un progetto oramai ritenuto ampiamente critico”; inoltre, trasformare i Medici di base in lavoratori dipendenti e subordinati rischia di “compromettere qualità ed efficienza del […] Sistema Sanitario territoriale, a meno che non sia ribaltata su di esso una vagonata di miliardi”. Secondo Snami Emilia-Romagna, “questa soluzione nel contesto attuale appare ‘come una toppa peggiore del buco’, capace solo di aumentare le criticità esistenti senza affrontare i veri problemi della Medicina di Base”.
“Si cambia il contenitore senza ragionare dei problemi del contenuto e del sistema, realizzando uno scenario paradossale”, afferma ancora il Sindacato. “Nemmeno negli Ospedali i Medici rimangono più come dipendenti subordinati ai vari nominati, spesso con ampia ingerenza Politica”, dichiara. “Il fenomeno dei gettonisti ne è testimonianza e si vorrebbe, invece che correggere i problemi, moltiplicarli su tutto il Sistema Sanitario. I Medici di famiglia dovrebbero essere liberi e autonomi da gerarchie per poter continuare a svolgere il ruolo fondamentale di garante degli interessi dei cittadini. Gli stessi Medici dipendenti della Sanità pubblica – afferma ancora lo Snami regionale – ‘scappano’ sempre più numerosi da una gestione gerarchica spesso degenerata nel tempo, al punto da non consentirgli più di lavorare con la necessaria serenità e sostenibilità sia sul piano umano che su quello professionale.”
“Voler quindi trasformare i Medici di Base in dipendenti delle Case di Comunità significa snaturare la loro funzione primaria e il loro ruolo di garanzia autonoma, libera da ingerenze. Le Case di Comunità sono l’esatto contrario rispetto l’odierna capillarità degli Studi; rischiano di diventare poliambulatoriali, sovraccarichi e impersonali, forse capaci di erogare prestazioni in una logica industriale più che aziendale, ma incapaci di rispondere efficacemente alle esigenze di relazione e di vincolo fiduciario coi cittadini”, sostiene Snami Emilia-Romagna, che ritiene necessario “aggiornare le regole convenzionali, potenziando funzioni e competenze attribuite, a partire dal percorso formativo, negoziando regole aggiornate per contestabilità del curante e standard di accreditamento delle prestazioni da erogare, in una logica di programmazione vera; semplificare i processi amministrativi e garantire risorse adeguate per svolgere al meglio il loro ruolo”.
“Snami invita quindi le Istituzioni a riconsiderare questa scelta e avviare un confronto serio con i professionisti del settore per individuare soluzioni concrete e sostenibili che rispondano davvero ai bisogni del Sistema nel suo complesso.”