Sono circa 30mila i pazienti campani inseriti nel Registro Regionale delle Malattie Rare; oltre 1/3 in carico all’AOU Vanvitelli e gli altri divisi tra Federico II e Azienda dei Colli. Circa il 20% sono pazienti che provengono da fuori Regione. “Un dato epidemiologico largamente sottostimato”, dichiara Giuseppe Limongelli, docente presso il Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali alla Vanvitelli e dirigente dell’Unità Malattie Rare Cardiovascolari del Monaldi, direttore del Centro di Coordinamento Malattie Rare Regione Campania intervenendo agli Stati Generali della Malattie Rare promossi nei giorni scorsi a Napoli da Motore Sanità. “Molti casi sono diagnosticati con notevole ritardo, fino a 10 o addirittura 20 anni per patologie che solo in età adulta vengono ricondotte a un deficit genetico che, se riconosciuto precocemente dopo la nascita con lo screening neonatale, hanno spesso cure efficaci e che in alcuni casi portano alla completa guarigione.”
“Attualmente lo screening neonatale è regolato dalla Legge 167 del 2016 e ampliato nel 2020 con un emendamento specifico che prevede l’allargamento a un’altra decina di malattie rare più comuni – spiega Margherita Ruoppolo, responsabile dei test diagnostici presso il Ceinge, unico laboratorio campano attrezzato per queste analisi – come la Gaucher, Mucopolisaccaridosi, Pompe, Fabri, Sma e altre ma ad oggi non è ancora approdato a un regolamento attuativo nonostante il gruppo di lavoro istituito dal Ministero abbia consegnato a maggio 2021 il dossier SMA completo con un parere positivo.”
Emblematica la storia di Maria (il nome è di fantasia), residente a Salerno, a cui solo per un caso è stata diagnostica alla nascita la malattie di Pompe, o glicogenosi di tipo II, malattia neuromuscolare rara caratterizzata da un difetto metabolico del glicogeno che si accumula in maniera anomala nei tessuti danneggiandoli con un lento indebolimento dei muscoli causa di gravi disabilità. “Ebbene, questa giovane ragazza – che oggi ha 12 anni – grazie alle cure fa danza classica ed eccelle nello sport”, prosegue Limongelli. Una vittoria clinica che potrebbe diventare “alla portata di tutti” se fossero allargati gli strumenti di diagnosi precoce.
I lavori del gruppo ministeriale sono stati completati anche per altre patologie e molte Regioni, tra cui la Campania, hanno già provveduto all’ampliamento del panel. Proprio in Campania, lo screening è stato allargato con un progetto ad hoc a più riprese per altre 5 patologie e sono numerosi i casi trattati con successo proprio grazie allo screening. “L’auspicio è che il Ministero proceda con i dovuti atti a garantire che tutti i bambini abbiano gli stessi diritti”, afferma Simona Simonetti, responsabile dell’Unità Operativa Screening Neonatale dell’Ospedale pediatrico Giovanni XXIII, Puglia. “Bastano alcune gocce di sangue, raccolte mediante una puntura sul tallone del neonato tra le 48 e le 72 ore dalla nascita per immettere i risultati in un’unica rete digitale in Puglia accessibile a tutte le Neonatologie.”
Sono 35 le malattie più adatte a essere inserite nei pannelli europei per gli screening neonatali: “A individuarle è stato un nuovo algoritmo che tiene conto di diversi criteri, delle caratteristiche e gravità delle patologie, esistenza di un test diagnostico e disponibilità di un trattamento”, dichiara Alberto Burlina, direttore dell’Unità Malattie Metaboliche Ereditarie, AOU di Padova. A rivelarlo, uno studio recentemente pubblicato sull’International Journal of Neonatal Screening da un gruppo di esperti europei, fra cui lo stesso Burlina. “Fondamentale anche la formazione”, afferma Ugo Trama, funzionario della Regione Campania. “Venerdì scorso a Villa D’Angelo c’è stata la conclusione del Master Secondo Livello sulle Malattie Rare della Vanvitelli e della Regione Campania. Abbiamo profuso molte risorse in iniziative e progetti e il presidente De Luca ha molto a cuore questo capitolo della Sanità pubblica.”