
La scelta di partorire in casa rappresenta lo 0,5-2% dei casi, a seconda delle aree geografiche. In Italia non ci sono dati precisi, ma si stimano circa 500 parti all’anno a domicilio o in casa maternità, quindi lo 0,1% dei circa 450mila nati/anno. Alcune donne optano per il parto in casa, in una visione più olistica della gravidanza, da vivere in un ambiente più intimo e confortevole, com’è appunto quello domestico. Ma partorire in casa è da evitare in quanto rischioso sia per la madre che per il nascituro. È quanto afferma la Società Italiana di Neonatologia (SIN) in occasione della Giornata Mondiale del Parto a domicilio celebratasi di recente.
Da quando è iniziata la diffusione del parto in ospedale, grazie alla costruzione degli stessi durante la metà del secolo scorso, tuttavia, si è considerevolmente ridotta la mortalità e la morbilità materna e neonatale, che attualmente hanno raggiunto in Italia livelli di assoluta eccellenza. Partorire in ospedale è senza dubbio più sicuro che farlo tra le mura domestiche. Un recente studio israeliano lo conferma, dimostrando che con il parto in casa il rischio di complicazioni per mamma e neonato si triplica e la possibilità di mortalità neonatale è 2,6 volte maggiore rispetto a un parto in ospedale.
La maggior parte delle donne sane va incontro a una gravidanza a termine senza problemi e a un parto fisiologico, che nella gran parte delle nascite potrebbe realizzarsi senza la necessità di interventi medici. Esiste, però, una percentuale di rischio, in particolar modo nelle primigravide, che si verifichino complicanze improvvise e non preventivabili e che richiedono un intervento medico, del ginecologo e/o del pediatra-neonatologo, nonché attrezzature e strumentazioni che solo un ospedale può garantire.
Anche in caso di parto fisiologico, poi, ci sono tutti i controlli post-parto necessari per la valutazione completa sullo stato di salute del neonato, come lo screening metabolico allargato, lo screening per le cardiopatie congenite, lo screening audiologico, il test del riflesso rosso, la valutazione e il monitoraggio dell’iperbilirubinemia e ipoglicemia, calo ponderale, che possono essere effettuati soltanto in strutture ospedaliere da équipe multidisciplinari altamente qualificate e specializzate.
“I dati della letteratura scientifica dimostrano come il parto a domicilio comporti un aumentato rischio di mortalità e morbilità materna e neonatale, perché a casa non è possibile controllare adeguatamente parametri clinici e strumentali e, in caso di emergenza, è più complicato intervenire tempestivamente”, spiega il prof. Fabio Mosca, Presidente SIN. “Non è un caso che anche in Olanda, patria del parto a domicilio, questa pratica ha subito una costante e progressiva riduzione, passando da circa il 40% negli anni ’90 al 17% del 2017. L’ospedale è sempre il posto più sicuro dove partorire e comprendendo le ragioni di chi vorrebbe farlo presso la propria casa, la SIN è impegnata da anni in attività tese a demedicalizzare l’evento parto, sia favorendo il comfort e l’intimità anche in ospedale, sia migliorando strutturalmente le sale parto, sia attraverso il contatto pelle a pelle mamma-neonato, il rooming-in e incentivando l’allattamento al seno.”
La piccola percentuale di mamme che, nonostante tutto, decide di optare per il parto in casa, deve, ribadisce la SIN, essere correttamente informata sui rischi cui va incontro e sulla organizzazione del parto a domicilio nella propria città, per affrontare la nascita nelle condizioni di maggiore sicurezza possibile. In caso di emergenza è fondamentale la presenza di un presidio ospedaliero attrezzato facilmente raggiungibile e un trasporto rapido in ospedale con personale esperto. Devono essere, inoltre, garantiti a mamma e neonato tutti i controlli necessari nelle ore successive al parto.