
“Il 48,61% delle donne caregiver non riesce a organizzare visite e controlli preventivi.” È quanto emerge da una ricerca effettuata da UNIAMO, recentemente presentata a Roma nell’ambito dell’evento Donne, Salute e Rarità, organizzato con il contributo non condizionato di Chiesi Global Rare Diseases. Secondo l’indagine, il 17,36% non riesce a organizzare un controllo per sé da oltre 3 anni; il 20,14% da più di 1 anno; il 17,36% nell’ultimo anno; il 18,06% negli ultimi 6 mesi; solo il 27,08% negli ultimi 3 mesi. “Sulla base di questi numeri, avevamo tutti gli elementi per sviluppare il nostro lavoro”, dichiara Annalisa Scopinaro, presidente della Federazione Italiana delle Malattie Rare UNIAMO. “Il primo, la Risoluzione ONU sui Diritti delle Persone con Malattia Rara adottata nel 2021 dopo aver espresso la ‘necessità di ridurre le disuguaglianze di genere’, che sottolinea che ‘le donne e le ragazze con una malattia rara devono affrontare maggiori discriminazioni e barriere nell’accesso ai servizi sanitari’ e che le donne caregiver ‘si assumono una quota sproporzionata di cure e lavoro domestico non retribuiti’. È proprio dai principi espressi nella Risoluzione che si muove il nuovo progetto di UNIAMO.”
“Donne, madri, medico: sono capaci di trasformare la straordinaria capacità femminile di concentrare su di sé la cura di tutti i componenti della famiglia in capacità di innovazione per la governance nella gestione della complessità di cura per i bambini e le persone con malattie rare nel Sistema Socio Sanitario italiano”, afferma Giuseppina Annicchiarico, coordinatrice regionale in Puglia per le malattie rare. “Non solo le donne possono essere colpite dalle malattie rare, ma spesso si trovano anche a sostenere il carico psicologico e assistenziale per curare i figli affetti da una malattia rara”, dichiara Simone Baldovino, coordinatore per il Piemonte. Come emerge sempre dalla ricerca, il 48,61% dichiara di avere anche meno di 1 ora al giorno e addirittura il 34,03% di non avere affatto tempo per se stessa, oltre la cura alla persona affetta da malattia rara. “‘Perché il ritardo diagnostico è maggiore nelle donne rispetto all’uomo?’ ‘I percorsi che costruiamo e le terapie che utilizziamo sono ugualmente efficaci negli uomini e nelle donne?’ Sono solo alcune delle domande a cui tutti dobbiamo collaborare per rispondere”, dichiara Giuseppe Limongelli, coordinatore malattie rare in Campania. “Le donne – aggiunge Cristina Scaletti, coordinatrice per la Toscana – non vogliono essere uguali agli uomini, vogliono avere gli stessi diritti e le stesse opportunità ma nel rispetto della loro diversità.”
Se da un lato si assiste a una sempre maggior specificità delle terapie, è necessario che a questa specificità si accompagni una diagnosi puntuale, in tempi ragionevoli: “Nel Foresight Study Rare 2030 – conclude Scopinaro – si auspica che il tempo di diagnosi scenda ad 1 anno dalla comparsa dei primi sintomi, dai 4,1 al momento rilevati dagli studi di Eurordis”.