Più di 4 pazienti su 5 hanno paura di “trasmettere” il rene policistico ai propri figli e in oltre il 50% dei casi il desiderio di maternità o paternità risulta compromesso. Il 30% lamenta un ridimensionamento lavorativo e più di 1 su 3 è rassegnato a non poter vivere una vita normale. È un quadro di preoccupazione (66%), paura (42%) e ansia (30%) quello che emerge dall’indagine “Rene Policistico: una Vita ad Ostacoli”, presentata durante l’incontro di anteprima del 58° Congresso della Società Italiana di Nefrologia per far luce sul rene policistico, la più comune malattia genetica nefrologica con la quale convivono 24mila italiani. Proprio questa patologia sarà uno dei temi principali del Congresso che si svolgerà a Rimini dal 4 al 7 ottobre e che vedrà coinvolti oltre 1.500 nefrologi provenienti da tutto il mondo.
Nel trattamento del rene policistico autosomico dominante, la principale novità terapeutica è rappresentata da tolvaptan, l’unica terapia capace di rallentare la progressione della patologia, ora disponibile anche in Italia. Si tratta di una malattia genetica caratterizzata dalla comparsa di cisti renali, che possono portare i reni ad aumentare fino a 10 volte le proprie dimensioni. “In passato, i trattamenti per il rene policistico si sono concentrati sul controllo dei sintomi, come ad esempio l’elevata pressione arteriosa o le infezioni renali, e non intervenivano sul naturale decorso della malattia. Ora con i nuovi farmaci come tolvaptan – spiega Francesco Scolari, Professore di Nefrologia dell’Ospedale di Montichiari, Università di Brescia – siamo di fronte ad un cambio nell’approccio alla cura, perché è possibile agire rallentando il processo di crescita delle cisti. Tolvaptan, bloccando i recettori della vasopressina e inducendo così un’elevata diuresi, interferisce direttamente con i meccanismi che regolano la crescita delle cisti, allontanando nel tempo la necessità di doversi sottoporre a dialisi o a trapianto di rene.”