Le raccomandazioni UE per lo screening del tumore alla prostata

Per anni Urologi, Oncologi e Radioterapisti hanno dibattuto sull’utilità dello screening per il tumore della prostata come strumento salvavita. Uno studio durato 20 anni, finanziato dalla Swedish Cancer Foundation e pubblicato sul British Journal of Medicine, aveva evidenziato come lo screening con il dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico) non avesse affatto diminuito, nei soggetti monitorati, la mortalità dovuta alla malattia. Al contrario, un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine, riguardante i risultati dello European Randomized Study of Screening for Prostate Cancer, aveva concluso che lo screening, sebbene in misura minima, riusciva a salvare vite umane. Tuttavia, ancora oggi non esistono prove che lo screening sistematico della popolazione maschile possa essere “efficace”, e possa cioè ridurre la mortalità così come è stato invece solidamente dimostrato per lo screening del cancro della mammella o della cervice uterina o ancora, in alcuni gruppi a rischio, per il cancro dell’intestino crasso. Per questo motivo, la maggior parte delle Società scientifiche ha ritenuto di non potere ancora consigliare lo screening di popolazione per il carcinoma prostatico, raccomandando invece che i soggetti che spontaneamente chiedono di sottoporsi al test siano adeguatamente informati sui potenziali benefici ma anche sui potenziali rischi dei trattamenti, al fine di mitigare il rischio di ciò che gli anglosassoni definiscono overdiagnosis ed overtreatment, ovvero della formulazione di diagnosi “inutili” cui fanno seguito terapie “superflue”.

Questa volta, a mettere la parola fine alla questione screening Sì, screening No è l’Unione Europea. Più precisamente, il cancro alla prostata è nell’elenco dei tumori che beneficeranno di orientamenti per la diagnosi precoce. Le nuove raccomandazioni invitano i Paesi membri a “prendere in considerazione un approccio graduale, che comprenda la sperimentazione e ulteriori ricerche per valutare la fattibilità e l’efficacia dell’attuazione di programmi organizzati volti a garantire una gestione e una qualità appropriate sulla base dell’analisi dell’antigene prostatico specifico (PSA) per gli uomini, in combinazione con un’immagine a risonanza magnetica (MRI) supplementare come test di follow-up”.