Previctus, il progetto per la personalizzazione della riabilitazione dopo l’ictus

Prende il via uno studio per la personalizzazione della riabilitazione post-ictus. Il progetto Previctus, dell’IRCCS San Raffaele Roma “studierà e metterà a punto la gamma di esami strumentali e di scale di valutazione clinica, che consentano già nelle prime giornate successive allo stroke di prevedere il livello di recupero finale e di ritagliare, quasi con un’azione sartoriale, le migliori attività di riabilitazione su ciascun paziente”, spiega il prof. Paolo Maria Rossini, responsabile del Dipartimento di Neuroscienze e Neuroriabilitazione. “Questo comporterà l’identificazione di biomarcatori e la possibilità di sfruttare al meglio le capacità del paziente di vicariare le attività delle regioni danneggiate del sistema nervoso, tramite l’attivazione di circuiti e strutture alternative e/o il risveglio di aree e connessioni ‘addormentate’ dall’ictus, ma non distrutte.”

In occasione della recente Giornata Mondiale contro l’Ictus Cerebrale, la World Stroke Organization ha voluto quest’anno evidenziare quanto sia importante il riconoscimento tempestivo dei sintomi, lanciando il tema Minutes Can Save Lives: i minuti possono salvare vite. “Subito dopo essere riusciti a farlo, però, bisogna pensare a come riabilitare il paziente colpito da stroke in cui permangano – dopo i primi giorni dall’evento – dei postumi neurologici motori, di linguaggio, di equilibrio, di vista, e a farlo tornare alla migliore qualità di vita possibile. Per questo è stato pensato Previctus.”

Nel primo anno, il progetto si concentrerà su un centinaio di pazienti, i cui casi saranno studiati mediante metodiche avanzate, quali risonanza magnetica funzionale e con analisi trattografica, stimolazione magnetica transcranica, EEG ad alta definizione per studio della connettività, e scale di valutazione della funzione della mano e del braccio. “Questi Pazienti verranno poi seguiti nel tempo al fine di poterne appieno valutare il livello di recupero. Nell’anno successivo – spiega ancora il prof. Rossini – i biomarcatori che si saranno dimostrati più accurati nel prevedere il futuro andamento verranno utilizzati per predisporre un panel di trattamenti riabilitativi sia standard che robotici per ‘personalizzare’ al massimo il percorso riabilitativo.”