Le porfirie sono un gruppo di patologie metaboliche ereditarie, rare e poco conosciute, legate a un deficit di uno dei diversi enzimi nella catena metabolica dell’eme. La varietà dei loro sintomi le rende particolarmente complicate da diagnosticare: sono infatti caratterizzate da manifestazioni neurologiche (dette attacchi neuroviscerali), da lesioni cutanee dovute a fotosensibilità o dalla combinazione delle due.
“Il problema principale dei pazienti è politico e amministrativo: occorrono modelli di assistenza adeguati alla singolarità della malattia”, spiega il dott. Gerardo Tiso. “È indispensabile un percorso diagnostico e terapeutico chiaro, trasparente e omogeneo su tutto il territorio nazionale, per le porfirie croniche e per quelle acute. Per la protoporfiria eritropoietica le esigenze su cui riflettere urgentemente sono l’insufficienza di cure in atto e la loro disparità geografica. Per i malati di porfirie acute, invece, uno dei grandi problemi è quello di essere curati da persone esperte quando si affacciano nei Pronto Soccorso dei nostri ospedali: vivono con la paura di subire danni irreparabili e fanno fatica a relazionarsi con i medici di turno.”
Fortunatamente, per queste patologie, la ricerca sta progredendo: “Al momento procede lo sviluppo di nuovi farmaci molto promettenti per il trattamento dei pazienti affetti da porfiria acuta e sono in corso studi di fase tre con il girosivan”, dichiara il prof. Paolo Ventura. “Anche per la protoporfiria eritropoietica oggi è disponibile un farmaco, chiamato afamelanotide, che viene impiantato sotto cute in corrispondenza della cresta iliaca previa anestesia locale”, aggiunge il dott. Luca Barbieri, del Centro per le Porfirie e le Malattie Rare dell’Istituto Dermatologico San Gallicano IFO IRCCS di Roma.
Per queste malattie, dal 2016 è attiva l’associazione intitolata a Domenico Tiso, pediatra di Livorno grande esperto di porfirie, da cui lo stesso medico era affetto.