L’età delle ovaie non sempre corrisponde all’età anagrafica di una donna. Esiste un ormone – una sorta di “carta d’identità della fertilità” – che consente di valutare le rimanenti capacità di concepire; analizzarlo garantisce anche la possibilità di arginare eventuali problemi di fertilità. Si tratta dell’ormone antimulleriano (AMH), prodotto dalle cellule dei follicoli ovarici, e si ottiene attraverso un semplice esame del sangue. L’esame dell’ormone antimulleriano si effettua più spesso per supportare la diagnosi di patologie come la sindrome dell’ovaio policistico o la menopausa precoce; in relazione alla fertilità, solo quando si sospettano casi di ipofertilità.
La donna nasce con una quantità prestabilita di ovociti che vengono eliminati progressivamente: in ogni ciclo mestruale si sviluppano 1.000 ovociti, ma solo uno giunge all’ovulazione; gli altri andranno perduti. Accade spesso che una donna di 38-40 anni con cicli normali abbia già esaurito la gran parte della sua riserva di ovuli. Il ritardo nell’età del concepimento richiede una valutazione precisa della riserva ovarica: intorno ai 35 anni rimane circa il 10% degli ovuli, le ovaie sono invecchiate; minore è la riserva ovarica, peggiore sarà la qualità. “Sapere quante chance di concepimento restano – dichiara Marisa López-Teijón, ginecologa, in occasione del congresso della Società Spagnola di Ginecologia e Ostetricia (SEGO) – aiuta le donne a correre ai ripari e decidere quali misure adottare per tutelare la fertilità.”