Quadruplicato il numero di coppie che emigrano per avere un figlio
tra spese, rischi e insicurezza
“Turismo procreativo”, una metafora amara per descrivere i viaggi ormai
sempre più frequenti di coppie italiane all’estero per affidarsi a
tecniche riproduttive, proibite in Italia dalla legge 40, come il
congelamento degli embrioni, la fecondazione di un numero non limitato
di ovociti in coltura, la fecondazione eterologa e la diagnosi
preimpianto.
Il Centro Artes di Torino, struttura medica specializzata nella diagnosi
e nel trattamento della sterilità di coppia, nella riproduzione
assistita e nella chirurgia endoscopica, lancia l’allarme sulla base dei
dati emersi dalle ultime ricerche sul tema (Fonti: Osservatorio sul
Turismo Procreativo, CECOS – Centro Studi Conservazione Ovociti e Sperma
umani, Eurispes).
Il turismo procreativo è in crescita del 200%. E’, infatti,
quadruplicato il numero delle coppie che, con la speranza di concepire
un figlio, si sono recate all'estero dopo l'approvazione della Legge 40
del 19 Febbraio 2004 sulla procreazione assistita. Prima
dell'approvazione della legge erano 1066 ed oggi sono 4.173 (Fonte:
Osservatorio sul Turismo Procreativo).
“Si tratta di dati preoccupanti – sottolinea Alessandro Di Gregorio,
Direttore del Centro Artes che opera nel campo della Fecondazione
Assistita dal 1982 – ma è l’inevitabile epilogo di una situazione
degenerata alla base. La Legge 40 blocca di fatto lo sviluppo della
medicina ed impedisce alle coppie che trovano difficoltà nel
concepimento di sognare, di sperare ancora. Allora emigrano all’estero,
spendendo molti soldi e rischiando di finire in centri poco
professionali”.
Meta preferita è la Spagna dove si registra un vero e proprio boom di
italiani che favoriscono un grande business dove è attivo un fiorente
mercato di gameti, peraltro a pagamento. Le coppie che vi si recano sono
passate da 60 (prima della Legge 40) a 1.365.
La Svizzera viene preferita dal 32% del totale delle coppie per la sua
vicinanza e per la lingua in comune con la nostra. Gli italiani vanno
soprattutto nei centri del Canton Ticino, raramente in zona francese e
tedesca. In questo paese non si esegue l'ovodonazione in quanto vietata,
è in esame una legge diagnosi reimpianto e i donatori di sperma sempre
meno disponibili per l'obbligo di rintracciabilità, ma resta il fascino
del mito delle cliniche svizzere.
Altri paesi prescelti sono la Francia, a Nizza, il numero delle coppie
italiane (proveniente quasi esclusivamente dalla zona ligure) è
stazionario attorno al 5% e il Belgio, dove dopo la Legge 40 le coppie
che si sono recate a Bruxelles sono passate da 204 a 775.
Minore il numero delle coppie che si dirigono in Gran Bretagna, anche a
causa del cambio sfavorevole con la sterlina. Nei 4 centri londinesi
contattati dall’Osservatorio sul Turismo Procreativo le coppie italiane
sono comunque aumentate.
Altro riferimento di eccellenza, gli USA, dove in media tre coppie al
mese di italiani si recano alla Cornell University ed era così anche
prima della Legge 40. Ad Harvard invece il numero è raddoppiato.
I paesi dell’Europa dell’Est stanno diventando meta per chi vuole
spendere meno come accade in Repubblica Ceca dove l’affluenza degli
italiani è aumentata: da 22 a 500 coppie.
Il 10% delle coppie si dirige in Slovenia soprattutto per la vicina area
di Trieste.
In Grecia in un noto centro di Salonicco le coppie italiane, assenti
prima della Legge 40, ora sono il 12% del totale.
Si è registrato un aumento del 20% di italiani anche in Austria. A
Salisburgo funziona un nuovo centro che partecipa a un network formato
da vari paesi europei. Per la diagnosi preimpianto la rete si appoggia a
una struttura a Chicago. Si fa la fecondazione eterologa, ossia con
donazione di gameti: ovociti e seme.
Infine in Turchia in un ospedale pubblico di Istanbul le coppie italiane
sfiorano il 20% del totale e il paese permette la diagnosi preimpianto.
Numerose richieste si registrano anche a Cipro dove stanno giungendo i
primi pazienti dal nostro paese.
“Il tema della fecondazione assistita rimane escluso dai più importanti
confronti politici. Eppure le dimensioni del fenomeno sono importanti -
continua Alessandro Di Gregorio, il ginecologo che nel 1999 ha ottenuto
per la prima volta in Europa una gravidanza a termine tramite
trasferimento di citoplasma - Il registro nazionale ha calcolato
all’incirca 30.000 nuove coppie ogni anno che si rivolgono alle tecniche
di fecondazione assistita di II livello. Oggi, grazie alla legge 40,
almeno 15.000-16.000 coppie si rivolgono all’estero, con una spesa media
di 8000 euro per ciclo”.
Ma quali sono i trattamenti più richiesti e i relativi costi?
Secondo l’Osservatorio sul Turismo Procreativo, al primo posto le
ovodonazioni per 7.000 euro, seguite dalla fecondazione in vitro ed
embryo transfer (Fivet). Attraverso la tecnica Fivet, la fecondazione
avviene in vitro, mettendo alcuni ovociti a contatto con gli
spermatozoi. La legge 40 ha stabilito che non devono essere più di tre,
e gli embrioni ottenuti devono venire tutti trasferiti. I costi si
aggirano dai 5.000 euro per una Fivet semplice in Europa ai 30.000 per
una Fivet con donazione negli USA.
Un’altra tecnica molto usata è la diagnosi genetica preimpianto,
metodologia che serve a identificare l’eventuale presenza di malattie
genetiche nell’embrione generato in vitro da coppie ad alto rischio
riproduttivo, prima dell’impianto in utero. I costi per questa diagnosi
vanno dai 1.500 euro in Europa alle 7.500 Sterline in Gran Bretagna.
Per quanto riguarda l’inseminazione intracitoplasmatica dello sperma (Icsi),
tecnica con la quale lo spermatozoo è iniettato direttamente nell’ovocita
sempre in vitro, servono dai 5.500 euro in Europa ai 10.000 negli USA.
In Italia i costi sono paragonabili a questi, ma all’estero bisogna
aggiungere le spese dei farmaci, gli eventuali imprevisti e, ovviamente,
il viaggio e il soggiorno in un albergo prima e dopo ogni ciclo di
fecondazione. Per non parlare dei costi di servizi non richiesti e non
necessari.
“Succede con la diagnosi preimpianto – conclude Alessandro Di Gregorio -
spesso consigliata senza che le coppie capiscano bene quale sia
l’utilità. Il rischio di andare all’estero è che la scelta cada, per chi
ha limitazioni economiche, sui centri più a buon mercato che non offrono
garanzie tecniche e non sono sottoposte a controlli. Ci vorrebbero una
volontà e un impegno politico maggiori per modificare una legge del
tutto dannosa”.
Fonte: ARTES