Ovaio policistico, nuovi dati sulle cause

La sindrome dell’ovaio policistico (SOP) è un disturbo che colpisce un 5-15% delle donne in età fertile e per il quale, ad oggi, non esistono cure o trattamenti specifici. È generalmente caratterizzata dall’assenza di ovulazione, fatto che nel lungo periodo comporta irregolarità mestruali; da alti livelli di androgeni – ormoni maschili – che causano un eccesso di peli sul viso o sul corpo; dalla comparsa di cisti in una o più ovaie. Altri sintomi caratteristici sono acne, obesità e resistenza all’insulina. A oggi non esistono test diagnostici per questa patologia, e dunque generalmente gli specialisti studiano la storia clinica delle pazienti e la loro storia familiare e possono consigliare un esame pelvico, un’ecografia e un’analisi del sangue per misurare i livelli ormonali.

Un gruppo di ricercatori dell’IVI Siviglia, insieme all’Instituto de Investigaciones Químicas (iscritto al CSIC), ha sviluppato uno studio incentrato sulle possibili cause della sindrome dell’ovaio policistico (SOP). Questo lavoro, condotto dall’embriologo Víctor Blasco e da un’équipe di ricercatori di cui ha fatto parte anche il dott. Manuel Fernández, direttore di IVI Siviglia, è stato presentato in numerosi Congressi nazionali ed internazionali, oltre che sulla rivista scientifica Journal of Assisted Reproduction & Genetics. Gli studiosi hanno analizzato i livelli di espressione delle proteine della neurochinina B e kisspeptina, così come dei loro recettori. La loro presenza e funzione a livello dell’ipotalamo è stata ampiamente descritta, trattandosi di regolatori essenziali dell’asse ormonale riproduttivo. La novità di questo studio consiste principalmente nel fare luce sul loro ruolo a livello molecolare nell’ovaio, ossia su come vengono fabbricati o sintetizzati e qual è la loro funzione, oltre alla loro possibile implicazione nel SOP.

In questo studio sono state coinvolte da una parte 43 pazienti con trattamenti di riproduzione assistita e affette da SOP e; dall’altra, 46 donatrici di ovuli. Le donne di entrambi i gruppi sono state sottoposte a un trattamento di stimolazione ovarica controllata per indurre lo sviluppo e la maturazione di follicoli ovarici multipli, le strutture in cui maturano gli ovuli. L’équipe di ricerca ipotizzava che espressioni di neurochinina B, kisspeptina e/o loro recettori che risultavano alterate nelle pazienti affette da SOP rispetto alle donatrici fertili potessero rappresentare un fattore genetico coinvolto nell’insorgenza della malattia.

“Per questo – spiega Blasco, principale ricercatore dello studio – abbiamo analizzato i livelli di espressione di questi geni nel liquido follicolare ed effettivamente abbiamo riscontrato che erano alterati nelle pazienti affette da SOP rispetto alle donatrici. Questi livelli anomali potrebbero contribuire allo sviluppo follicolare anomalo e ai problemi di ovulazione osservati in queste pazienti.”

“Tale scoperta – commenta la dott.ssa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma – potrebbe aprire la porta allo sviluppo di farmaci che consentano di correggere la sintomatologia della malattia. Nelle fasi successive del lavoro sarà studiato se l’espressione di questi geni sia presente anche nei casi di avanzata età materna, endometriosi e bassa risposta ovarica.”