L’osteoporosi maschile, malattia subdola per mancanza di sintomi, è caratterizzata dal deterioramento della qualità dell’osso e pertanto la sua prima manifestazione è spesso una frattura. Questa patologia è più frequente nelle donne (dopo la menopausa ne soffre infatti 1 su 3). Per diagnosticare la presenza di osteoporosi, ci si avvale della densitometria o dell’esame della mineralometria ossea computerizzata MOC, indagine che viene effettuata come screening nelle donne in menopausa. Anche l’uomo può manifestare l’osteoporosi e dopo i 50 anni, 1 uomo su 5 ne risulta essere affetto. Tuttavia, non esiste nell’immaginario degli uomini e dei medici un’attenzione alla ricerca di questa patologia, tanto che di tutte le densitometrie effettuate in Italia, oltre il 90% è appannaggio delle donne.
Lo studio AMOS, nell’ambito del progetto di screening dell’osteoporosi maschile, condotto a Padova dalla Fondazione Foresta ONLUS in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera di Padova e ULSS6 e CNR Sezione invecchiamento, ha dimostrato che, su 300 soggetti ultrasessantenni, il 38% manifesta una riduzione della densità dell’osso (osteopenia, osteoporosi), ma soltanto il 9% ne era a conoscenza per aver eseguito un’indagine densitometrica in precedenza. Dallo studio emerge che i fattori di rischio più evidenti per lo sviluppo dell’osteoporosi maschile risultavano essere l’obesità e l’ipogonadismo (ridotta produzione di testosterone).
“Negli ultrasessantenni, nell’ambito della condizione clinica definita andropausa (disturbi sessuali, debolezza e riduzione della forza muscolare, obesità, diabete, ecc.), si verifica una riduzione dei livelli di testosterone”, afferma il prof. Carlo Foresta, cattedratico di Padova. “La sintomatologia associata alla deficienza di questo ormone si confonde molto con la comune sensazione ‘di essere anziani’, pertanto la diagnosi di ipogonadismo nell’adulto viene rilevata molto raramente. La conseguenza della mancata individuazione di bassi livelli di testosterone comporta, tra l’altro, l’assenza di indicazione alla valutazione della struttura dello scheletro e quindi la mancata rilevazione dei segni di osteoporosi. Nella donna, dopo la menopausa, lo screening per l’osteoporosi è considerato routinario e diffuso ma è assolutamente necessario che anche gli uomini dopo i 60 anni si sottopongano a questa valutazione soprattutto in presenza di segni clinici di questa patologia.”
Le conclusioni di questo studio suggeriscono una maggiore attenzione alla sintomatologia dell’ultrasessantenne per cogliere i segni clinici dell’anziano che, se suggestivi di presenza di andropausa, dovrebbero prevedere la confermata della diagnosi attraverso il dosaggio del testosterone. I ridotti livelli di testosterone sono fattore di rischio molto importante per l’osteoporosi e pertanto in questi casi è opportuno approfondire la sintomatologia tipica dell’andropausa mediante l’esecuzione della densitometria ossea.