Ormone della crescita: colloquio con la prof.ssa Mariacarolina Salerno, presidente SIEDP

Presidente SIEDP (Società Italiana Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, ndr) prof.ssa Salerno, è possibile che, fatta salva la necessità fondamentale del contenimento dei costi, non si possano trovare soluzioni per salvaguardare almeno la continuità terapeutica nei bambini o nei giovani pazienti che hanno problemi di accrescimento?

“È chiaro che il problema dei costi va tenuto nella massima considerazione. Se, da un lato, sforzi per un contenimento dei costi è giusto siano fatti, occorre anche intervenire sul fronte degli sprechi: ad esempio, somministrando quantità di farmaco giuste e utilizzando totalmente la fiala del prodotto; così facendo ritengo che i costi, almeno per quanto riguarda l’ormone della crescita, si possano tenere meglio sotto controllo. Sempre in tema di costi però credo occorra anche tenere in considerazione – visto che parliamo soprattutto di bambini e giovani pazienti – anche il rapporto costo-beneficio della terapia: se, ad esempio, si somministra un farmaco che costa meno ma il bambino non fa la terapia come dovrebbe, è chiaro che tale rapporto non è certo soddisfacente. Va detto poi che, in questo senso, l’attenzione deve essere posta anche alla scelta del device di somministrazione che deve essere più accattivante per il bambino e di più semplice impiego anche per i familiari: un fattore, questo, che incide molto positivamente sul rapporto cost-beneficio della terapia.”

Nell’aderenza alla terapia dei pazienti con deficit dell’accrescimento si dice pesino una serie di fattori: semplicità di somministrazione del farmaco, facilità di conservazione, dialogo tra medico e paziente e suoi familiari. Conferma?

“Confermo! Ove possibile condividere con i pazienti e con le famiglie, ad esempio, la scelta del device, le modalità di somministrazione come pure la semplicità di conservazione dei prodotti vuol dire rendere più semplice la gestione della terapia e, di conseguenza, l’aderenza alla stessa. È certo che il ruolo del device, con le sue caratteristiche e la sua capacità di essere quasi ‘intrigante’ per un giovane paziente, potrebbe essere centrale nella semplificazione della gestione della terapia e perfino nella semplificazione del rapporto medico-paziente. Tenere in considerazione preferenze e stili di vita dei pazienti vuol dire facilitare la loro aderenza alle terapie.”

A suo avviso, il fatto che il medico curante motivi la necessità per la quale un paziente non debba veder modificata la propria terapia dovrebbe essere sufficiente per evitare improvvise sostituzioni di terapie già da tempo in essere?

“È chiaro che se un paziente sta andando bene una terapia e con un determinato device, anche per ragioni psicologiche, una sostituzione non è certo consigliabile. Vorrei sottolineare che a volte, se gli esiti della terapia non sono soddisfacenti o se i device non vanno bene siamo noi medici che proponiamo un cambiamento che però – lo ripeto – deve essere motivato dalle esigenze del paziente e della famiglia e non motivato dai costi. Noi puntiamo a terapie che vadano incontro alle attese dei pazienti.”

Le risulta che le improvvise sostituzioni delle terapie compromettano a volte il rapporto di fiducia tra medico e il piccolo paziente e i suoi familiari e che questo, a sua volta, possa generare il cosiddetto ‘turismo sanitario’?

“Non parlerei di cambiamento improvviso bensì di cambiamento ingiustificato. In questi casi certamente si possono generare problemi, incomprensioni e compromissioni del rapporto di fiducia che dovrebbe sempre caratterizzare la relazione tra il medico, il paziente e la sua famiglia.”