Olaparib, il nuovo farmaco contro il tumore della prostata con positività alle mutazioni del gene BRCA

Olaparib. Questo il nome del farmaco di cui l’Aifa ha recentemente approvato la rimborsabilità per combattere il carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione (mCRPC) con mutazioni BRCA. Certo, il farmaco va associato alla terapia ormonale nel trattamento di prima linea, ma si tratta di un’opportunità importante per migliorare la gestione di una malattia complessa che fino a oggi presentava opzioni terapeutiche limitate, specie in fase avanzata.

Il tumore della prostata ha varie sfaccettature di aggressività e per questo si considerano varie opzioni terapeutiche dopo la diagnosi: atteggiamento di vigile attesa, e quindi “non fare nulla”; intervento chirurgico, radioterapia, terapia ormonale, chemioterapia. Sta di fatto che circa il 90-92% dei pazienti vive a 5 anni dopo la diagnosi; si tratta quindi essenzialmente di un tumore a lento accrescimento. Esistono tuttavia casi in cui il tumore è particolarmente aggressivo, per i quali non bastano la chirurgia né la terapia ormonale e nemmeno la chemioterapia. Si tratta di quel 10-15% degli uomini con carcinoma della prostata avanzato che sviluppa la forma resistente entro 5 anni; di questi, oltre l’80% presenta metastasi alla diagnosi di CRPC (tumore alla prostata resistente alla castrazione), con un alto tasso di mortalità. Sono proprio di quei soggetti che presentano positività alle mutazioni genetiche del gene BRCA. In questo senso, l’ultima opzione terapeutica rappresenta una nuova speranza. Naturalmente, per accedere a questa tipo di terapia è necessario eseguire il test genetico, cosa che a oggi non accade, se non in casi eccezionali.

LO STUDIO

Dall’analisi dei risultati dello studio sperimentale di fase III PROpel, che ha valutato 800 soggetti con malattia avanzata e che ha portato all’approvazione del farmaco, si è evinto che il PARP inibitore in prima linea olaparib, in combinazione con una terapia ormonale di nuova generazione (abiraterone), è stato in grado di prolungare la vita e migliorare la qualità di vita nel 71% dei soggetti. Naturalmente le aspettative sono molte e vanno verificate “sul campo”.