Secchezza, dolore, irritazione, arrossamento, sensibilità alla luce: la malattia dell’occhio secco è una condizione cronica, poco nota e spesso sottovalutata, pur essendo molto diffusa, con una prevalenza nel mondo stimata attorno all’11,6%, che genera un forte impatto sulla vita quotidiana delle persone che ne sono affette, tanto insidiosa da portare anche all’invalidità. Il progetto Dinamo, condotto da ISTUD Sanità e Salute, con il contributo non condizionato di Bausch & Lomb, ha raccontato il dry eye disease attraverso le oltre 300 narrazioni raccolte attraverso 37 Centri Oftalmologici attivi in tutta Italia. I risultati del progetto Dinamo e il libro Dinamo – Dry Eye: Medicina Narrativa per la Malattia dell’Occhio Secco sono stati presentati nel corso di una recente conferenza stampa svoltasi a Milano. Complessivamente, sono 318 le testimonianze raccolte, fra le quali 171 narrazioni di pazienti, 36 narrazioni di caregiver e 111 cartelle parallele, redatte da Oftalmologi. I Centri di cura e gli studi privati coinvolti sono stati 37, distribuiti in tutta Italia. I pazienti che hanno partecipato alla ricerca sono in prevalenza donne (78%), coniugati (66%), di età media pari a 57 anni e prevalentemente con un livello di istruzione medio-elevato; la metà dei pazienti lavora, quindi si confronta con gli ostacoli e le limitazioni che la patologia dell’occhio secco impone. I caregiver hanno un’età media inferiore (49 anni) e anch’essi sono in prevalenza donne e coniugati, con un livello di istruzione elevato, e lavorano. Gli Oftalmologi che hanno aderito al progetto esercitano la professione mediamente da 14 anni e lavorano prevalentemente presso strutture ospedaliere (86%).
L’operazione di ascolto realizzata con Dinamo – spiegano gli organizzatori – ha consentito di dare voce ai pazienti, ai loro caregiver e ai Medici, mettendo così a fuoco vissuti di sofferenza e frustrazione, di difficile confronto con la cronicità dei sintomi, snervante ricerca della diagnosi e delle terapie corrette, sensibile modificazione delle routine quotidiane, sia nella dimensione professionale sia in quella relazionale, fino a esperienze di vera e propria invalidità. La Letteratura ha evidenziato la patologia è associata a un rischio aumentato di depressione e sintomi correlati, che colpiscono fino al 29% dei pazienti affetti da questa malattia oftalmologica. Dallo studio emerge che le spese sostenute dai pazienti si attestano su cifre significative che oscillano fra i 400,00 e i 1.500,00 euro annui per visite e medicinali, in base alla severità della patologia e che i costi sociali impattano per il 55% in termini di minore rendimento e per il 58% in termini di minore concentrazione nel contesto lavorativo.
“La malattia dell’occhio secco o del dry eye deriva da una disfunzione del sistema della superficie oculare che determina un’alterazione della produzione delle lacrime”, dichiara Pasquale Aragona, professore di Oftalmologia presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Messina. “Esse diventano instabili e non efficaci a garantire la protezione dell’occhio dall’ambiente esterno e un’ottimale qualità della visione. L’alterata funzionalità della produzione del film lacrimale tende a cronicizzarsi.”
“Uno studio ha rilevato che oltre il 54% dei pazienti di età superiore ai 65 anni e il 43% delle pazienti di sesso femminile avevano l’occhio secco sottostimato dal proprio medico”, afferma il prof. Maurizio Rolando, vice presidente European Dry Eye Society. “Un altro studio ha rilevato che la valutazione del medico ha sottostimato la gravità dell’occhio secco nel 41% dei pazienti di almeno 1 grado rispetto all’autovalutazione dei pazienti. Ecco perché diventa fondamentale lavorare nella direzione di una migliore relazione medico-paziente, improntata all’ascolto e orientata alla personalizzazione della terapia e all’indispensabile compliance: quando la relazione funziona, emergono dalle narrazioni non solo una profonda gratitudine, ma anche una più agevole convivenza con la malattia e una maggiore disponibilità a modificare le proprie routine in funzione di un efficace controllo dei sintomi.”
“Dallo studio multicentrico Dinamo è emerso che i pazienti con dry eye consultano, come primo approccio, un Oculista, a volte dopo aver tentato altre terapie suggerite dal Farmacista, dal Medico di famiglia o addirittura da amici o parenti. Nonostante ciò, circa 1/3 dei pazienti non conosce, dopo la visita, quanto è ‘grave’ la sua condizione. La maggior parte di essi utilizza almeno 4 volte al giorno sostituti lacrimali, avendone provati tanti nel corso del tempo. Sono pertanto necessarie attenzioni specifiche alla completezza di informazioni da fornire e all’ascolto del vissuto del paziente stesso”, afferma il prof. Stefano Bonini, ordinario di Oftalmologia presso l’Università di Roma Campus BioMedico. “Il dolore, il sentirsi male, è pervasivo nelle narrazioni che abbiamo raccolto, fino ad arrivare in alcune situazioni estreme in cui la persona non ha più desiderio di vivere”, dichiara Maria Giulia Marini, direttore scientifico e dell’Innovazione dell’Area Sanità e Salute di ISTUD. “Un dolore raccontato come insopportabile, invalidante, che rende vulnerabili e soli. La ricerca scientifica si è messa in movimento e procede; sono disponibili terapie che mitigano, controllano, curano questo dolore. La Medicina narrativa offre elementi e strumenti utili per comprendere e per stare accanto alle persone che si confrontano ogni giorno con i sintomi della malattia dell’occhio secco.”