“Obesità fattore di rischio per il tumore al seno”

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il numero di bambini e adolescenti obesi tra i 5 e 19 anni nel mondo è aumentato di 10 volte negli ultimi 40 anni. Attualmente in Europa il 59% degli adulti e quasi 1 bambino su 3 è in sovrappeso o obeso, e in Italia la situazione non è migliore: il 43% degli adulti ha un eccesso ponderale, con punte del 49% in Puglia. E non va certamente meglio nella popolazione infantile: dall’indagine OKKio alla Salute condotta tra i bambini della Puglia, il 4,8% risulta in condizioni di obesità grave; il 10,3% obeso; il 21,6% in sovrappeso. Significa che più di 1 bambino su 3 non è normopeso.

L’obesità aumenta il rischio di molte malattie non trasmissibili, inclusi tumori, malattie cardiovascolari, diabete mellito di tipo 2 e malattie respiratorie croniche, e se l’obesità inizia in età infantile, il rischio di patologie in età adulta è ancora maggiore. La patogenesi di molte di queste patologie nel soggetto obeso è condivisa con la riduzione della vitamina D, ormone fondamentale per la salute dell’osso e non solo, che si riscontra frequentemente nel soggetto obeso e che a sua volta può essere concausa di alcune patologie associate all’obesità come infertilità maschile e tumore al seno.

Secondo il gruppo di ricerca coordinato dal prof. Carlo Foresta e dal dott. Andrea Di Nisio, in collaborazione con l’Unità di Andrologia e Medicina della Riproduzione, diretta dal prof. Alberto Ferlin, dell’Azienda Ospedale Università di Padova, il tessuto adiposo nel paziente obeso “cattura” la vitamina D circolante nel sangue; una volta accumulata nel grasso, questa non viene più liberata, comportando una pseudo-ipovitaminosi D che si traduce in una iper-vitaminosi nel tessuto adiposo. È stato infatti calcolato che nel grasso del soggetto obeso è accumulato l’equivalente di vitamina D che viene normalmente somministrata in 2mila giorni di trattamento raccomandato. I risultati dimostrerebbero per la prima volta che l’accumulo di vitamina D nel tessuto adiposo del soggetto obeso altera la funzione dell’adipocita inducendo una maggior espressione e attività dell’enzima aromatasi, che trasforma il testosterone in estrogeno, e determinando quindi una condizione di iper-estrogenismo.

Nel maschio obeso, l’aumento degli estrogeni indotto dalle conseguenze dell’accumulo di vitamina D nella cellula adiposa partecipa delle manifestazioni cliniche tipiche dell’obesità (ginecomastia, ridotti livelli di testosterone, infertilità). Nella donna, i ricercatori coordinati dalla dott.ssa Maria Santa Rocca, in collaborazione con la Day/Week Surgery multidisciplinare diretta dal prof. Alberto Marchet, studiando il tumore mammario – una delle forme di cancro più diffuse nella popolazione femminile – hanno evidenziato che l’aumento della vitamina D nel tessuto adiposo peri-tumorale si associa a un’elevata espressione dell’enzima aromatasi nelle donne obese, e quindi una maggior concentrazione di estrogeni, coinvolti nella proliferazione tumorale. La ricerca sarà presentata in anteprima il prossimo 15 aprile a Lecce, a margine del XVI Convegno di Medicina dal titolo Le Alterazioni Endocrine nel Soggetto Obeso: dall’Infertilità all’Osteoporosi.

“[…] gli studi presentati dalla nostra équipe evidenziano nell’obeso una contraddizione tra ridotti livelli plasmatici di vitamina D ed elevate concentrazioni della stessa nel tessuto adiposo, dimostrando che questo fenomeno altera il funzionamento delle cellule adipose, con conseguenze cliniche ben definite come infertilità e ipogonadismo nell’uomo obeso e rischio oncologico nella donna”, dichiara Foresta. “Pertanto il trattamento dell’ipovitaminosi D nell’obesità dovrebbe prevedere in primo luogo il dimagramento e l’attività fisica, e non un aspecifico sovraccarico farmacologico di vitamina D.”