Nuova terapia per la malattia di Crohn

In arrivo delle grosse novità per la cura della malattia di Crohn, un disturbo che colpisce circa 250.000 europei e di cui vengono diagnosticati ogni anno circa 18.000 nuovi casi. La Commissione Europea (CE) ha infatti approvato l’uso di ustekinumab, per il trattamento di pazienti adulti affetti da Malattia di Crohn attiva, da moderata a grave, per i quali o la terapia convenzionale o un antagonista del TNFa (fattore di necrosi tumorale alfa), non siano più efficaci o non siano tollerati o controindicati. La Malattia di Crohn è caratterizzata da uno stato infiammatorio cronico del tratto gastrointestinale, associata ad una disregolazione del sistema immunitario, che potrebbe essere innescata da una predisposizione genetica o da un regime dietetico o da altri fattori ambientali. I sintomi della Malattia di Crohn possono variare, ma spesso includono dolori e sensibilità addominali, diarrea frequente, sanguinamento rettale, perdita di peso e febbre. Le terapie attualmente disponibili sono in grado di determinare, in alcuni pazienti, un’attenuazione della sintomatologia clinica ed un rallentamento del danno intestinale cronico alla base della patologia. Sfortunatamente, un’elevata percentuale di pazienti non risponde già dalla fase iniziale del trattamento o, dopo un’iniziale miglioramento clinico, perde la risposta nel tempo. Ustekinumab è la prima terapia biologica per la Malattia di Crohn che ha come bersaglio le citochine dell’interleuchina (IL)-12 e IL-23, che hanno un riconosciuto ruolo chiave nelle risposte infiammatorie e immunitarie. I risultati dei tre studi di fase 3 che hanno portato all’approvazione sono stati pubblicati sul The New England Journal of Medicine. “Per una patologia con andamento cronico e evolutivo come la Malattia di Crohn, avere a disposizione una nuova opzione di trattamento, con un meccanismo d’azione diverso dalle terapie già in uso, è un fatto molto significativo, soprattutto per quanto riguarda il miglioramento della sintomatologia, delle lesioni intestinali e di conseguenza della qualità di vita dei pazienti”, dichiara il dott. Alessandro Armuzzi, Responsabile della IBD Unit del Complesso Integrato Columbus, Fondazione Policlinico Gemelli Università Cattolica di Roma. “Oltre al diverso meccanismo d’azione, l’elemento differenziante di ustekinumab consiste nella possibilità di ‘demedicalizzare’ il paziente con una frequenza di somministrazione peculiare, che consente, dopo una dose di carico iniziale per via endovenosa, il successivo mantenimento per via sottocutanea ogni due o tre mesi. Il farmaco ha, poi, un’azione mirata sia nei confronti della malattia intestinale che delle sue manifestazioni extra-intestinali.”