Neurologi SIN: “Con il caldo, la ‘siesta’ favorisce maggiore sviluppo cerebrale e riduce il rischio di Alzheimer”

Il caldo estivo favorisce la voglia di dormire durante il giorno. In questo periodo di temperature record, la Società Italiana di Neurologia SIN diffonde i risultati di studi scientifici che dimostrano i benefici della “siesta”. L’estate scorsa, uno studio della Northwestern University, pubblicato su Current Biology, aveva infatti indicato che le temperature superiori a 25 °C spingono facilmente alla siesta, grazie a una sorta di “termometro cerebrale” che regola il metabolismo corporeo a seconda delle temperature esterne. “Col riscaldamento globale queste temperature sono state ormai abbondantemente superate”, dichiara afferma il prof. Alfredo Berardelli, presidente SIN. “Ma secondo uno studio appena pubblicato (su Sleep Health – Journal of the National Sleep Foundation, ndr) dalle Università di Montevideo e Londra e dal Center for Genomic Medicine di Boston e dal Broad Institute di Cambridge, esiste una predisposizione genetica alla siesta che al contempo sembra essere associata a un maggior sviluppo cerebrale e a un ridotto rischio di malattia di Alzheimer.”

I benefici cerebrali, spiegano gli esperti SIN, si evidenziano con una siesta compresa fra 5 e 15 minuti e possono protrarsi fino a 1 o 3 ore dopo il sonnellino pomeridiano. Se il riposo supera mezz’ora, si osserva invece un transitorio deterioramento delle performance cognitive. Lo studio ha esaminato circa 500mila soggetti di ambo i sessi di età compresa fra 40 e 69 anni, che sono stati prima valutati con studi GWAS, ossia di associazione genome-wide, che valuta tutte le variazioni geniche tra gli individui in esame, correlandole alle differenze di alcuni tratti particolari. “I soggetti del campione sono stati poi valutati tramite imaging cerebrale ed è risultato che la predisposizione genetica al sonnellino diurno era associata a un volume cerebrale totale maggiore di 15,80 cm3, che secondo gli autori potrebbe suggerire che regolari sonnellini diurni forniscono una certa protezione contro la neurodegenerazione, compensando la carenza di sonno notturno”, spiega il prof. Giuseppe Plazzi, responsabile dei Laboratori per lo Studio e la Cura dei Disturbi del Sonno dell’IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna. Non risultava comunque aumentato il volume dell’ippocampo né miglioravano il tempo di reazione e la memoria visiva.

Poiché altri studi indicano un declino generale del volume cerebrale totale dello 0,2-0,5% all’anno, chi si concede abitualmente la siesta potrebbe guadagnare fra i 2,6 e i 6,5 anni di invecchiamento cerebrale, spiegano gli esperti. La mancata evidenza di un’associazione tra la siesta, il volume dell’ippocampo e i miglioramenti cognitivi – sottolineano – potrebbe però indicare che altre aree cerebrali, come ad esempio quelle preposte alla vigilanza, possono essere influenzate dall’abituale sonnellino diurno e occorreranno dunque altri studi per individuare tale relazione.