In una cultura dove fenomeni come il tatuaggio, il piercing o gli impianti sottocutanei come il pearling sono diventati fenomeni sempre più comuni le modificazioni corporee non si fermano qui. Oggi assistiamo sempre di più ad interventi estetici sui genitali a base di filler a base di acido ialuronico per aumentare le dimensioni del glande e per il ringiovanimento vaginale. Anche di questo si è discusso al congresso nazionale dell’Associazione Andrologi Italiani.
Ma c’è chi si spinge oltre andando a modificare chirurgicamente in modo estremo ciò che costituisce per eccellenza la nostra identità, i genitali. Il fenomeno è particolarmente variegato e in aumento: si parte dal blando innesto di sfere sottocutanee, il pearling, fino ad arrivare a interventi di rimodellamento dei genitali che possono assumere le forme di vere e proprie mutilazioni volontarie come la sub incisione o bisezione del pene e del clitoride o persino alla loro asportazione (nullificazione), rimozione dei capezzoli. Qual è il movente che spinge queste persone a sottoporsi a pratiche così dolorose tanto da correre il rischio di compromettere anche in modo irreversibile la propria funzione sessuale? La modificazione corporea è avvertita come necessaria e pressante e la procedura chirurgica è casalinga! Basta una forbice, un burdizzo o un coltello ben affilato e il gioco è fatto. La persona sente un bisogno pressante di intervenire “chirurgicamente” sulla parte in quanto l’atto del tagliare e il dolore che ne deriva, non solo genera sollievo, gratificazione e piacere, come per gli autolesionisti, ma rimanda alla persona l’idea di essere un entità fisica e reale e quindi di essere vivo e concorre sia al recupero del senso di unità del sé sia alla sua espressione abbellendo e rendendo unico il proprio corpo. Queste pratiche rivolte contro la propria genitalità indicano una paura nevrotica del coito (cipridofobia, ginecofobia, androfobia) elemento di base dell’automasochismo.
Dietro questi atti tanto ossessivi quanto estremi di modificare il proprio corpo spesso si nasconde un controllo ossessivo-compulsivo dell’aspetto fisico unito ad una distorta percezione corporea, fino ad arrivare ad una vera e propria disapprovazione del proprio corpo (dismorfofobia). Da considerarsi anche il movente sessuopatologico per cui coloro che scelgono questa forma estrema di modificazione dei genitali, trovano tanto nella loro realizzazione quanto nelle conseguenze un’utilità diretta verso una maggiore erotizzazione di parti del corpo. Inoltre, la motivazione che spinge alla modificazione sessuale estrema come per le automutilazioni può derivare da una struttura interna di tipo delirante se non psicotica.
Alti sono i rischi post-operatori, di tipo emorragico, infettivo e psicologico. Morte, emorragie, lesioni dei corpi cavernosi o della parte interna della vagina, dell’uretra, della vescica e dello sfintere anale, dismenorrea, vaginismo, dispareunia, impotenza, infezioni croniche, incontinenza urinaria, neuromi, sterilità, gravi problemi durante la gravidanza e il parto.