
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale la determina di rimborsabilità per l’utilizzo dell’anticorpo monoclonale isatuximab in combinazione allo standard di cura rappresentato da carfilzomib e desametasone (Kd), come trattamento in pazienti adulti con mieloma multiplo che hanno ricevuto almeno una precedente terapia. Si tratta della seconda indicazione di isatuximab disponibile in Italia in meno di 12 mesi e si basa sui dati dello studio di fase 3 Ikema, uno studio clinico randomizzato, multicentrico e in aperto che ha arruolato 302 pazienti con mieloma multiplo recidivato in 69 centri e 16 Paesi. Da questo studio emerge che la terapia in combinazione con isatuximab è in grado di ridurre il rischio di progressione di malattia o morte del 47% rispetto alla terapia standard con carfilzomib e desametasone.
“Per una patologia complessa e caratterizzata da multiple ricadute come il mieloma multiplo, è fondamentale continuare a ricercare e sperimentare nuove combinazioni e opzioni di trattamento che possano prolungare l’aspettativa di vita con minore rischio di progressione della malattia”, dichiara Michele Cavo, direttore dell’Istituto di Ematologia Seràgnoli IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, principal investigator dello studio Italia. “Questo nuovo regime va quindi ad arricchire le opzioni terapeutiche a disposizione degli specialisti e dei pazienti italiani con mieloma multiplo recidivato che possono oggi beneficiare di un’efficace arma in più al momento della prima recidiva.”
Il provvedimento dell’AIFA arriva in seguito all’approvazione da parte della European Medicines Agency (EMA) per isatuximab avvenuta nel 2021. Anche la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato questa associazione nel 2021. Da ottobre 2021, isatuximab è disponibile in Italia come trattamento in terza linea, in combinazione con un altro regime standard di cura, pomalidomide e desametasone (pom-dex), come trattamento in pazienti adulti con mieloma multiplo recidivato e refrattario che hanno ricevuto almeno due terapie precedenti tra cui lenalidomide e un inibitore del proteasoma e hanno registrato una progressione della malattia a seguito dell’ultima terapia.