La melatonina è comunemente nota come l’ormone che aiuta a regolare il ritmo sonno-veglia; in pochi però sanno che si tratta soltanto di uno degli aspetti legati all’azione biologica di questa sostanza vitale prodotta dalla ghiandola pineale, un piccolo organo situato nel cervello. Recenti studi hanno infatti confermato che la sintesi della melatonina avviene anche a livello oculare, dove sono presenti recettori specifici per questo ormone, da cui derivano importanti benefici in termini di protezione della retina dallo stress ossidativo, tra le principali cause, insieme all’età, della degenerazione maculare senile (DMLE). Si tratta di una delle più gravi patologie dell’occhio che interessa oltre 1milione di italiani e rappresenta la prima causa di grave perdita della vista e cecità nella popolazione occidentale di età superiore ai 65 anni.
Di questi temi si è discusso oggi a Roma, in occasione dell’incontro “Melatonina, dall’Occhio al Cervello, Andata e Ritorno”, organizzato, nell’ambito del XVII Congresso della SOI – Società Oftalmologica Italiana, da Polifarma. “La melatonina è sintetizzata in molti tessuti, tra cui l’occhio, dove esercita un potente effetto protettivo sulle cellule retiniche, eliminando le proteine danneggiate, spesso irreversibilmente, per effetto dell’ossidazione”, spiega Gianluca Scuderi, Professore associato di Oftalmologia all’Università La Sapienza e Responsabile UOC Oculistica all’Ospedale Sant’Andrea di Roma. “È stata ipotizzata una stretta correlazione tra la carenza di melatonina e la degenerazione maculare senile, patologia dell’occhio che insorge principalmente dopo i 65 anni e rappresenta una delle principali cause di ipovisione importante nel 7-10% della popolazione mondiale. La malattia si caratterizza per alterazioni nella parte centrale della retina, la macula, causate da una combinazione di fattori ambientali (in primis l’età) e stress ossidativo. Non dobbiamo dimenticare che l’occhio è l’organo bersaglio del nostro stile di vitae, come tale, subisce i danni di comportamenti scorretti: fumo, dieta ricca di grassi, eccessiva esposizione alla luce blu di schermi e lampade al LED.”
La produzione di melatonina diminuisce con l’avanzare dell’età: raggiunge i livelli massimi durante l’infanzia – il picco si registra intorno ai 10 anni – per poi ridursi progressivamente. Già a 40 anni la sua concentrazione è un quarto rispetto a 20 anni, fino a raggiungere livelli prossimi allo zero dopo i 65-70 anni. “Per supplire alla riduzione della melatonina correlata all’avanzamento dell’età e proteggere l’occhio dalle patologie della retina che hanno un peso rilevante sulla qualità di vita di chi ne è affetto, è razionale il ricorso all’integrazione di questa sostanza dall’esterno, beneficiando così delle sue proprietà antiossidanti, in grado di eliminare i radicali liberi e inibire significativamente il danno cellulare provocato alla retina”, commenta Giovanni Scapagnini, Professore ordinario di Nutrizione umana all’Università del Molise e Vicepresidente della Società Italiana di Nutraceutica. “Numerosi studi internazionali – tra cui gli studi AREDS condotti dal National Eye Institute statunitense – hanno dimostrato che l’utilizzo di una supplementazione specifica è efficace nel bloccare o quantomeno ritardare la progressione della degenerazione maculare, preservando la visione. Tra le sostanze antiossidanti, anche la melatonina può avere un ruolo importante contro l’invecchiamento dell’occhio. Un’integrazione di melatonina può essere somministrata, in un’ottica di prevenzione, già dopo i 40-45 anni, ed è consigliata nei soggetti con i primi segni di diagnosi di DMLE.”
La prevenzione gioca un ruolo importante nel contrastare il processo di deterioramento delle cellule della retina, dal momento che chi soffre di degenerazione maculare senile, in particolare della forma secca che è quella più diffusa (85% dei pazienti), si trova ad affrontare una malattia irreversibile, per la quale non esiste una cura definitiva.