Il maschio discriminato dopo chirurgia per tumore della prostata. Ecco tutti i diritti di genere mai riconosciuti

I diritti di genere dopo la chirurgia della prostata? Sono diritti mai riconosciuti e quindi mai acquisiti, nonostante il concetto venga ribadito e “denunciato” ogni qualvolta si parli di chirurgia della prostata, così come accaduto anche nel corso di un convegno promosso dal gruppo biomedicale DBI e ospitato presso l’Institute for Advancing Science IAS di Boston Scientific, a Milano. A distanza di 2 anni dalla I edizione, che già nel novembre 2022 aveva acceso i riflettori sull’argomento, il convegno, moderato dal giornalista Federico Mereta, ha ospitato le testimonianze di Medici, Società scientifiche e Associazioni di pazienti.

DIRITTI DI GENERE

La convinzione è che non sia sufficiente ribadirlo, non basti ricordarlo o “raccontarselo” tra i soli addetti ai lavori: i diritti di genere dei soggetti sottoposti a prostatectomia radicale, ad oggi, non sono nemmeno presi in considerazione e, per questo, semplicemente non esistono. Anzi, ciò che si apprende – perfino con un certo stupore – è che addirittura occorra “sensibilizzare maggiormente gli Urologi che praticano la chirurgia della prostata”, sottintendendo come l’argomento non sia ancora sufficientemente rilevante nemmeno fra gli Urologi che, per estirpare il cancro, determinano il problema sessuale di origine organica grave, che non può essere trattato con i farmaci inibitori delle fosfodiesterasi-5 (sildenafil, etc.) né con le punture intracavernose di prostaglandine E1 (caverject), perché inefficaci.

I DATI

Su 20.022 interventi di prostatectomia radicale del 2023 in Italia (dati Agenas), circa 2mila (10%) presentano un grave disturbo sessuale. Ma di questi solo il 10-11% vede soddisfatta la richiesta per una protesi peniena. In Italia, nell’ultimo anno sono state impiantate 550 protesi peniene, di cui solo il 38% ha interessato soggetti sottoposti a prostatectomia radicale; tutti gli altri impianti protesici al pene hanno interessato soggetti vasculopatici, diabetici, soggetti con induratio penis plastica e giovani con trauma pelvico da incidente stradale. Il dato rileva in realtà un problema duplice: se da un lato è certamente possibile aumentare una talvolta ancora inefficace sensibilizzazione di quella parte di Urologi che, una volta risolto il problema oncologico, non prospettano ai pazienti la possibilità di impianto di protesi, vero è anche che solo in pochissimi contesti questi presìdi vengono dispensati dal Sistema Sanitario, rendendo l’opzione di fatto inattuabile per ragioni economiche.

In riferimento alla prostatectomia radicale, la cura – come è stato più volte ricordato durante il convegno – può comportare non solo l’insorgenza della disfunzione erettile ma anche l’incontinenza urinaria, “prezzo” che gli Urologi fronteggiano con terapie farmacologiche approvate, riabilitazione e impianto di dispositivi medici innovativi, quali protesi peniene e/o sfinteri urinari. Ma il ricorso a queste ultime soluzioni, benché riconosciute come efficaci e risolutive, è complesso in quanto, di nuovo, la normativa sanitaria non ne garantisce l’adeguato rimborso né l’inserimento all’interno dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), con risultati di impiego dunque a oggi ancora scarsi se non nulli.

Per quanto riguarda la Medicina di genere, differente è il trattamento riservato per esempio alle donne con tumore della mammella. Oggi queste pazienti hanno giustamente tutto, dalla protesi mammaria alla parrucca, alla cosmesi. Ed è giusto che sia così; un diritto sacrosanto conquistato e che occorre tutelare. Al contrario, il maschio operato di prostatectomia per tumore e ha la sfortuna di divenire incontinente o impotente grave, difficilmente potrà risolvere il problema con il Sistema Sanitario Nazionale. E non verrebbe da ritenere che i problemi della donna siano più gravi di quelli dell’uomo, in riferimento ai tumori della mammella o della prostata rispettivamente. Personalmente, credo che i problemi della donna siano stati risolti grazie a persone carismatiche e rappresentative, come il Chirurgo della mammella, nonché ex Ministro della Sanità, Umberto Veronesi. Purtroppo, tra gli Urologi nessuno ha avuto altrettanto carisma o capacità nelle relazioni con il mondo politico e delle Istituzioni. Forse, i Congressi che tratteranno di Medicina di genere dovrebbero vedere la partecipazione soprattutto quei Politici che potrebbero promuovere scelte in grado aiutare concretamente il maschio per i prossimi anni. Risolvere l’incontinenza urinaria maschile grave o il deficit erettivo grave non è un vezzo, ma una necessità che aiuterebbe a salvaguardare la dignità della persona.