
Le mascherine di cotone fatte in casa rappresentano comunque una valida alternativa, impedendo fino al 99,9% delle goccioline particelle di grandi dimensioni di diffondersi. È quanto affermano alcuni ricercatori del Roslin Institute, presso l’Università di Edimburgo, Regno Unito, che hanno confrontato le caratteristiche e l’efficacia delle mascherine chirurgiche e delle maschere monostrato di cotone. I ricercatori hanno eseguito simulazioni con manichini e con volontari umani, utilizzando l’illuminazione laser per quantificare il numero di goccioline nell’aria e una luce ultravioletta per studiare le goccioline che si sono depositate in superficie. Come riportato dall’AGI, “quando il manichino indossava una delle due tipologie di mascherine facciali – spiega il dott. Ignazio Maria Viola, della School of Engineering presso l’Università di Edimburgo, meno dello 0,1% delle particelle emesse con le simulazioni del parlato e della tosse oltrepassava il dispositivo di protezione individuale. Senza maschera, il parlato e la tosse dei partecipanti hanno generato migliaia di aerosol liberi in grado di viaggiare nell’aria.”
“I test – prosegue Maria Viola – hanno mostrano che una persona in piedi a circa 1,8 metri di distanza da qualcuno senza maschera aveva un rischio fino a 1.000 volte maggiore di inalare goccioline rispetto a chi si trovava a 45 cm di distanza e con la maschera sul volto.” Il team sostiene che anche le mascherine di cotone rappresentano una valida alternativa: “Sappiamo che i vari materiali sono efficaci in modi e misure diverse nell’impedire il passaggio di particelle – commenta Maria Viola – ma abbiamo notato che anche una semplice copertura di cotone realizzata a mano è in grado di schermare le particelle potenzialmente pericolose quando si parla o si tossisce”.
Lo studio ha analizzato però solo le goccioline respiratorie di grandi dimensioni e non gli aerosol, che misurano meno di 5 µm. “Se la trasmissione di aerosol dovesse rivelarsi un fattore determinante dell’infezione, i nostri risultati potrebbero sovrastimare l’efficacia dei dispositivi di protezione individuale”, commenta Paul Digard, docente di Virologia presso l’Università di Edimburgo. Lo studio è stato pubblicato su medRxiv.