
Anche per la malaria è stato sviluppato un vaccino mRNA, in grado di proteggere dal Plasmodium, il patogeno responsabile della malattia per la quale scomparve anche la leggenda del ciclismo Italiano, Fausto Coppi. L’annuncio è di alcuni studiosi del Ferrier Research Institute e del Malaghan Institute of Medical Research, presso la Victoria University of Wellington, Nuova Zelanda, e del Peter Doherty Institute for Infection and Immunity, Melbourne, Australia. La ricerca pre-clinica è stata pubblicata su Nature Immunology. Il gruppo di ricerca sta ora lavorando per la sperimentazione sull’uomo, fase per la quale occorrerà attendere ancora qualche anno. “Il nostro vaccino basato su peptidi per la malaria ha avuto successo e mirava solo a piccoli frammenti proteici di un proteina della malaria, mentre i vaccini a base di mRNA codificano un’intera proteina della malaria”, afferma la dott.ssa Lauren Holz, dell’Università di Melbourne, ricercatrice presso l’Istituto Doherty e co-autrice dello studio. “Questo è un vero punto di forza, perché significa che possiamo generare una risposta immunitaria più ampia e, si spera, più protettiva.”
“Grazie a questa sinergia, siamo stati in grado di progettare e convalidare un esempio di vaccino a base di mRNA che funziona generando cellule di memoria residenti nel fegato in un modello di malaria”, dichiara il prof. Gavin Painter, dell’Instituto di Ricerca Ferrier. “Questo dimostra l’enorme potenziale della tecnologia dell’RNA nella risoluzione di alcuni dei più grandi problemi di salute del mondo e la crescente capacità e competenza nello sviluppo di vaccini a base di mRNA qui in Nuova Zelanda e in Australia.”
“Un gran numero di vaccini contro la malaria sottoposti a prove hanno funzionato molto bene nei modelli animali o quando sono stati somministrati a persone che non avevano avuto la malaria in precedenza, ma non hanno avuto successo quando somministrati a persone che vivono in regioni endemiche per la malaria (e quindi già venute in contatto con il patogeno, ndr). Al contrario – conclude Holz – il nostro è ancora in grado di generare cellule immunitarie protettive specifiche del fegato e fornire protezione anche quando i modelli animali sono stati pre-esposti alla malattia.”