Lo chiamano “eczema” ma si tratta di una dermatite atopica complessa

La chiamano comunemente “eczema” ed è considerata prevalentemente una malattia della pelle; eppure la dermatite atopica è una patologia complessa e per una sua migliore comprensione è necessario indagare “ben oltre la pelle”. La dermatite atopica è infatti una patologia infiammatoria cronica di origine autoimmune che colpisce la pelle del viso e del corpo. Più conosciuta nella sua forma pediatrica, in realtà può comparire a tutte le età. “Si tratta della più frequente malattia infiammatoria della pelle e in Italia riguarda circa il 2-5% della popolazione adulta”, afferma Giampiero Girolomoni, Professore Ordinario di Dermatologia e Venereologia, Università di Verona. “Specie nella sua forma grave, è fondamentale andare oltre il trattamento cutaneo per agire su suo impatto sistemico.”

Da un’indagine svolta da Sanofi Genzyme insieme all’agenzia Stethos, i pazienti adulti con dermatite atopica afferenti ai centri specialistici di dermatologia risultano oltre 35.500, di cui 7.721 presentano la malattia nella sua forma grave.

La dermatite atopica è una patologia multifattoriale con una componente genetica, originata sia da fattori immunologici sia non immunologici. Negli adulti compare solitamente intorno ai 30 anni e si manifesta con una tipica dermatite eczematosa (pelle arrossata, essudante e desquamante) sulle zone del collo, il décolleté, il retro delle ginocchia, i piedi, ma anche in zone molto visibili come il viso e il cuoio capelluto, le mani e gli avambracci. È accompagnata da prurito intenso, talvolta incontrollabile. Soprattutto nei casi gravi, la qualità di vita dei pazienti risulta quindi fortemente compromessa. Oltre ai ricorrenti problemi di insonnia dovuti al prurito, sono diverse le attenzioni e le rinunce che chi ne è affetto deve mettere in atto nella sua vita quotidiana: in ciò che indossa, nelle sostanze con cui entra in contatto e a cui si espone.

Sul fronte psicologico i soggetti più gravi sono affetti da stress, frustrazione, senso di discriminazione e sfiducia in sé stessi. Gli effetti più ricorrenti sono imbarazzo e disagio nei confronti del prossimo che possono sfociare in paura del confronto e del giudizio dell’altro. “Abbiamo numerose evidenze dell’impatto psico-emotivo della dermatite atopica grave a carico del paziente e dei conseguenti costi sociali”, precisa Annalisa Patrizi, Professore Ordinario e Direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venerologia, e della Dermatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola. “Inoltre, il prurito continuo e incontrollabile incide fortemente sui livelli di stress e sulla perdita di sonno, con ripercussioni sull’efficienza, la produttività e la presenza sul lavoro. Tutte limitazioni che toccano anche la sfera relazionale e sociale, generando un forte disagio nel contatto con gli altri, fino a giungere a un diffuso senso di frustrazione e discriminazione.”

Lo scenario terapeutico attuale per la cura della dermatite atopica offre soluzioni topiche ed emollienti che intervengono sul prurito e sulla gestione della secchezza cutanea, terapie con costi spesso a carico del paziente. Le terapie sistemiche esistenti, indicate in pazienti gravi che non rispondono ai precedenti trattamenti a livello cutaneo, presentano effetti collaterali di una certa rilevanza oltre che richiedere un’attività di monitoraggio attento e continuativo. Si tratta comunque di uno scenario terapeutico in continua evoluzione che vede affacciarsi sul mercato molecole molto promettenti e innovative in termini di efficacia e sicurezza.

Tra le novità presentate al congresso annuale dell’American Academy of Dermatology, conclusosi di recente a Orlando, anche i risultati dello Studio di fase 3 CHRONOS, condotto sul farmaco sperimentale dupilumab di Sanofi e Regeneron Pharmaceuticals. Lo studio, della durata di un anno, ha mostrato come i pazienti adulti con dermatite atopica da moderata a grave non adeguatamente controllata, trattati con il farmaco sperimentale dupilumab associato a corticosteroidi topici, abbiano ottenuto un significativo miglioramento della malattia rispetto all’utilizzo dei soli corticosteroidi topici, in termini soprattutto di miglioramento delle lesioni cutanee e della gravità complessiva della malattia e riduzione del prurito, con ricadute positive dirette sulla qualità di vita.