
fonte univadis.com
Gli acidi grassi polinsaturi a catena lunga (n-3 LCPUFAs) rivestono un ruolo importante nell’alimentazione umana e, poiché non vengono prodotti in misura rilevante dall’organismo, devono essere aggiunti alla normale dieta. Le donne in gravidanza con dieta povera di prodotti del mare sono probabilmente relativamente carenti di questo nutriente. Generalmente si ritiene che gli oli di pesce siano parte integrante di una dieta sana, anche se gli esperti non concordano sulla loro utilità per specifiche indicazioni di malattia. Gli studi che hanno valutato gli effetti della supplementazione in gravidanza con oli di pesce sui risultati di allergia e di asma nell’infanzia sono stati guidati in gran parte dall’ipotesi che le diete ad alto contenuto di n-3 LCPUFAs potessero modulare lo sviluppo di malattie allergiche IgE-mediate, con diversi studi epidemiologici che hanno correlato l’assunzione materna di pesce durante la gravidanza con la riduzione dei disturbi allergici della prole.
In contrasto con i risultati degli studi epidemiologici, i risultati degli studi di intervento che hanno valutato il consumo di olio di pesce da parte delle donne in gravidanza sono stati meno convincenti. Tuttavia, molti di questi lavori sono stati sottodimensionati o avevano limiti metodologici. Le prove a sostegno del potenziale beneficio della supplementazione di olio di pesce durante la gravidanza documentano che livelli più elevati di n-3 LCPUFA sono associati con cambiamenti positivi nelle risposte immunitarie dei neonati. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato una minore incidenza di sensibilizzazione allergica tra i bambini nati da madri che hanno supplementato la dieta con olio di pesce rispetto ai bambini nati da madri che non avevano integrato, così come una minore prevalenza di disturbi allergici, comprese le allergie alimentari, la dermatite atopica, e episodi di wheezing nel primo anno di vita, con possibile persistenza nel tempo.
Lo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine aggiunge ulteriori evidenze sul rapporto tra asma del bambino e supplemetazione della madre con omega3 durante la gravidanza. I ricercatori hanno randomizzato, in cieco, 736 donne in gravidanza a 24 settimane di gestazione a ricevere 2,4 g/die di n-3 LCPUFA (olio di pesce) o placebo (olio d’oliva). I loro figli sono stati seguiti in modo prospettico con una vasta fenotipizzazione clinica per 5 anni. Nei primi 3 anni di vita dei bambini né i ricercatori né i partecipanti allo studio erano consapevoli del gruppo di assegnazione durante il follow-up, dopo di che ci fu un periodo di 2 anni durante i quali solo gli autori erano a conoscenza dell’assegnazione di gruppo. L’end point primario erano episodi di wheezing o asma e gli endpoint secondari includevano infezioni del tratto respiratorio inferiore, esacerbazioni d’asma, eczema e sensibilizzazione allergica.
Nello studio sono stati inclusi complessivamente 695 bambini e il 95,5% ha completato i 3 anni del periodo di follow-up. Il rischio di sibili persistenti o asma nel gruppo di trattamento è stato del 16,9%, contro il 23,7% nel gruppo di controllo (HR 0.69; IC 95% 0,49-0,97; P = 0.035), corrispondente ad una riduzione relativa del 30,7%. L’analisi dei sottogrupi ha dimostrato che l’effetto è stato più marcato nei figli di donne i cui livelli di n-3 LCPUFAs erano compresi nel terzo più basso della popolazione al momento della randomizzazione: 17,5% contro 34,1% (HR 0.46; IC 95% 0,25-0,83; P = 0,011). L’analisi degli end point secondari ha mostrato che la supplementazione con n-3 LCPUFA era associata ad un ridotto rischio di infezioni del tratto respiratorio inferiore (31,7% vs 39,1%; HR 0.75; IC 95% 0,58-0,98; P = 0.033), ma non vi era alcuna associazione statisticamente significativa tra integrazione alimentare e le riacutizzazioni di asma, di eczema, o di sensibilizzazione allergica. Il numero di donne che secondo questi risultati avrebbero bisogno di essere trattate per prevenire un caso di dispnea persistente o asma è di 14,6 tra le donne dell’intera coorte e 5,6 tra le donne con i livelli ematici di EPA e DHA pre-intervento bassi e comprese nel terzile inferiore.
In conclusione la supplementazione, nel terzo trimestre di gravidanza, con alte dosi di n-3 LCPUFAs, acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA), suggerisce che questo tipo di intervento riduce sensibilmente il rischio di wheezing e asma durante i primi 5 anni di vita di un bambino. Una strategia che, considerati i costi contenuti, l’efficacia e la sicurezza, potrebbe avere importanti future implicazioni nella pratica clinica e nelle strategie dei sistemi di sanità pubblica. Ancor di più di fronte all’esistenza di un ampio consenso di diverse agenzie (Food and Drug Administration e l’Environmental Protection Agency) sul valore nutrizionale del pesce per la crescita del feto, il suo sviluppo in utero e per il sistema immunitario del bambino, fattori a supporto della raccomandazione alle donne in gravidanza di assumere due a tre porzioni di pesce a basso contenuto di mercurio ogni settimana (da 200 a 300g/settimana).