Sono un gruppo di disturbi eterogenei in cui manca il grasso corporeo in varie zone e vario grado ma che portano anche a malattie metaboliche come l’insulinoresistenza. Classificate a seconda del grado di perdita di tessuto adiposo, queste possono essere genetiche o acquisite. “La bella notizia per i nostri pazienti è che meno di un mese fa il Committee for Medicinal Products for Human Use (CHMP) dell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha dato un parere positivo sul farmaco raccomandato per il trattamento delle complicanze della leptino deficienza in pazienti con lipodistrofia generalizzata associata spesso a ipertrigliceridemia, insulinoresistenza e/o diabete”, dichiara il prof. Andrea Giustina, Presidente del Clinical Update in Endocrinologia e Metabolismo, CUEM.
Le lipodistrofie acquisite generalizzate (note con la sigla AGL) come la Sindrome di Laurence si verificano in individui che nascono con una normale distribuzione del grasso che viene gradualmente perso già dall’infanzia o dall’adolescenza e più raramente dopo i 30 anni di età nel corso di un periodo di tempo variabile. Colpisce tutte le aree del corpo ma è particolarmente evidente nel viso e nelle estremità, sino ai palmi delle mani e ai piedi. Portano a complicanze metaboliche come diabete e alti livelli di trigliceridi, sino a episodi di pancreatite e una pletora di malattie autoimmuni.
Nelle lipodistrofie familiari (FPLD) la perdita di grasso interessa invece arti superiori, inferiori e tronco in misura variabile. Le donne possono avere dimensioni ridotte del seno e un accumulo in altre zone come viso, addome che si presenta sporgente, sulla schiena che simula una gobba e collo che porta talvolta a confondere il disturbo con il Morbo di Cushing, se la diagnosi differenziale non è accurata.
“Disturbi che affollano la cartella clinica di questi pazienti oltre all’evidente disagio estetico che influisce sulla capacità di relazione e la qualità di vita”, spiega il prof. Ferruccio Santini, Responsabile Centro Obesità U.O. Endocrinologia 1 Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. “Anche a causa di una maggiore severità dei sintomi nelle donne che risultano penalizzate anche a livello epidemiologico: ne sono colpite 3 ogni maschio. La forma familiare infatti si presenta insieme a disturbi ormonali, ciclo mestruale alterato, mascolinizzazione e una alta prevalenza di ovaio policistico rispetto a quella del 6-8% osservata nella popolazione generale sana.”
Ovviamente la perdita di grasso si verifica in assenza di uno stato di deprivazione nutrizionale e si associa a una diminuzione dei livelli di leptina, ormone prodotto proprio dal tessuto adiposo in proporzione al suo volume. Le persone che hanno molto tessuto adiposo quindi producono molta leptina e quelle magre ne producono poca, mentre i pazienti affetti da lipodistrofia ne hanno poca o per niente. Si tratta di un ormone importante con diverse funzioni, una delle quali è quella di comunicare al sistema nervoso centrale se nel corpo ci sono riserve di grasso. La perdita di tessuto adiposo sottocutaneo genera dei problemi: infatti, non essendoci un tessuto in cui i grassi possano naturalmente accumularsi, questi si depositano in altri organi, fegato in particolare, comportando alti livelli di trigliceridi nel sangue. “Oltre ad essere condizioni piuttosto rare – dichiara Stefano Frara, Ricercatore presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano – talora risultano sotto diagnosticate e la diagnosi viene perfezionate in presenza di bassi livelli di leptina sierica o dopo la plicometria o grazie ai risultati dello screening genetico nei casi ereditari.”