Leucodistrofia metacromatica. “Terapia genica precoce preserva funzione motoria e capacità cognitive”

La leucodistrofia metacromatica MLD è causata da mutazioni in un gene responsabile del metabolismo di particolari sostanze chiamate sulfatidi, che se non smaltite correttamente si accumulano in particolare nel sistema nervoso centrale e periferico. Nelle forme più gravi i bambini perdono rapidamente la capacità di camminare, parlare e interagire con il mondo circostante: la maggior parte muore in età infantile e ha a disposizione soltanto cure palliative. Si stima che ogni anno nel mondo nasca 1 bambino ogni 100mila con questa malattia. Ebbene, la terapia genica, se somministrata precocemente, ha il potenziale di cambiare la storia clinica dei bambini nati con questa rara malattia neurodegenerativa di origine genetica. A confermarlo, uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, che ha evidenziato come la terapia, se somministrata tempestivamente, sia in grado di preservare la funzione motoria e le capacità cognitive nella maggior parte dei pazienti.

Lo studio è stato condotto su 39 bambini con MLD presso l’Ospedale San Raffaele di Milano, dalle ricercatrici cliniche Francesca Fumagalli e Valeria Calbi, con il coordinamento del prof. Alessandro Aiuti, vice-direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica SR-Tiget, primario dell’Unità Operativa di Immunoematologia Pediatrica presso l’IRCCS, ordinario di Pediatria all’Università Vita-Salute San Raffaele. Approvata in Europa nel 2020, la terapia genica è disponibile e rimborsata in Italia dal 2022: è frutto di oltre 20 anni di ricerca condotta presso l’SR-Tiget e dell’alleanza strategica tra Fondazione Telethon e Ospedale San Raffaele con l’azienda anglo-statunitense Orchard Therapeutics, titolare della licenza sia in Europa che negli Stati Uniti.

I RISULTATI

Nel corso dello studio, i pazienti con MLD sono stati trattati con la terapia genica basata su cellule staminali ematopoietiche geneticamente corrette e i risultati sono stati poi confrontati con quelli di 49 pazienti non trattati. Tra gli indicatori chiave per valutare l’efficacia della terapia, i ricercatori hanno considerato l’impatto sulle competenze motorie (capacità di camminare o stare seduti senza supporto), cognitive (capacità di parlare o di eseguire specifici test) e più in generale la sopravvivenza. Lo studio ha confermato che anche sul lungo periodo la terapia genica è in grado di ridurre significativamente il rischio di grave compromissione motoria, cognitiva in tutti i sottogruppi di pazienti trattati: quelli affetti dalla forma tardo-infantile, in cui l’insorgenza dei sintomi è attesa tra i 6 mesi e 2,5 anni; quelli affetti dalla forma giovanile precoce, in cui l’insorgenza è attesa tra i 2,5-6 anni, trattati nella fase pre-sintomatica della malattia; quelli giovanili precoci trattati in presenza di sintomi lievi, seppure con minor efficacia rispetto ai sintomi motori.

Gruppo di pazienti Stima percentuale libera da eventi all’età indicata Percentuale libera da eventi – grave compromissione motoria o decesso Percentuale libera da eventi – grave deterioramento cognitivo o decesso
Tardo-infantili pre-sintomatici trattati 6 anni 100% 100%
Tardo-infantili non trattati 6 anni 0% 8,8%
Giovanili precoci pre-sintomatici trattati 10 anni 87,5% 87,5%
Giovanili precoci precocemente sintomatici trattati 10 anni 80,0% 64,8%
Presintomatici giovanili NON trattati 10 anni 11,2% 7,5%

“La maggior parte dei bambini trattati prima dell’insorgenza dei sintomi ha mantenuto la capacità di camminare, che invece si è persa nei primi anni di vita in tutti i bambini del gruppo di controllo, che non avevano ricevuto la terapia genica perché già sintomatici o perché diagnosticati quando la terapia ancora non era disponibile”, affermano Fumagalli e Calbi, prime autrici dello studio. “In molti casi si tratta dei fratelli o sorelle maggiori dei bambini che poi hanno ricevuto il trattamento e che hanno permesso di diagnosticare la malattia nei loro fratelli più piccoli. Ci teniamo a sottolineare la generosità delle famiglie di questi pazienti, perché – proseguono – senza di loro non avremmo potuto conoscere così bene la progressione naturale della malattia nel tempo e valutare al meglio gli effetti della terapia. Per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo, abbiamo osservato un beneficio significativo in quasi tutti i pazienti trattati, che continuano ad acquisire nuove competenze cognitive rispetto al gruppo di controllo che presenta un grave deficit cognitivo e la perdita di ogni capacità di comunicare.”

“Grazie alla ricerca abbiamo a disposizione una terapia in grado di cambiare il corso di una malattia grave e purtroppo fatale in assenza di intervento, ma efficace soltanto se si agisce in tempo”, afferma Aiuti. “Per questo è fondamentale disporre quanto prima di un test di screening neonatale anche per la leucodistrofia metacromatica, così da diagnosticare la malattia quando ancora non si è manifestata. Il ritardo nella diagnosi, infatti, può precludere irrimediabilmente la possibilità di intervenire con la terapia genica. Spesso la diagnosi arriva troppo tardi, oppure ‘grazie’ a un fratello o una sorella maggiore a cui è già stata diagnosticata e che non può essere trattato.”