“Cambiamenti sociali, mutamenti delle problematiche mentali, nuove patologie, mancanza di personale, il passaggio dagli OPG alle REMS e, ora soprattutto, il problema della sicurezza. La drammatica vicenda dell’omicidio di Barbara Capovani, Psichiatra a Pisa, ha riaperto un dibattito sulla Legge 180, che impegna gli esperti a guardare alle prospettive future a distanza di anni dalla chiusura dei manicomi e, più recentemente, degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, verso una nuova organizzazione dei servizi di salute mentale che quasi tutte le società scientifiche e gli operatori della psichiatria auspicano”, si legge in un comunicato SIP. “Nonostante le enormi difficoltà di ‘costruzione’ di un’assistenza psichiatrica di comunità – territoriale e ospedaliera – assimilabile alla sanità tutta, il nostro Paese è punto di riferimento internazionale in questo campo. Da tali conquiste la Società Italiana di Psichiatria ritiene che non si possa tornare indietro, sebbene i successi raggiunti debbano essere oggi riconsiderati come un nuovo punto di partenza per un processo di miglioramento e di sviluppo che appare inderogabile. Sono infatti radicalmente mutati i bisogni di cura della popolazione e le richieste portate dai cittadini ai Servizi e profondi sono stati anche i cambiamenti del Paese.”
“Il primo cambiamento è segnalato dalla diversa utenza che si rivolge ai servizi pubblici”, dichiara Emi Bondi, presidente SIP, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. “Solo il 20-25% presenta disturbi psicotici e bipolari, o depressivi e d’ansia, mentre sono fortemente aumentati i disturbi di personalità, da uso di stupefacenti, per arrivare ai bisogni emergenti relativi ai disturbi del neurosviluppo (ADHD e autismo). Tutto questo richiede inevitabili aggiornamenti con una maggiore integrazione dei percorsi di cura basati sulle evidenze scientifiche attuali, che i dati disponibili indicano come ancora scarsamente diffusi nel nostro Paese.”
Maggiore attenzione viene inoltre sollecitata in riguardo alla prevenzione primaria, secondaria e terziaria da parte dei Servizi, ma anche alla consapevolezza della necessità di rivedere e potenziare gli strumenti di welfare, soprattutto a favore delle fasce più deboli della popolazione, nonché il sostegno alle famiglie. “L’organizzazione dei Dipartimenti di Salute Mentale – prosegue Bondi – deve prevedere modelli organizzativi elastici nei quali, alla tradizionale rete dei servizi (Centri di Salute Mentale, Centri Diurni, Day Hospital, SPDC, Strutture Residenziali) possano affiancarsi strutture ancora più specialistiche dedicate utenti definiti per bisogni specifici (ad esempio, esordi psicotici, disturbi di personalità gravi, autori di reato, autismo, disturbi del comportamento alimentare). Altrettanto vale per la diversificazione di ruolo delle strutture ospedaliere (per esempio, con previsione realistiche di posti letto per le acuzie e post-acuzie) e l’assistenza residenziale, con una effettiva diversificazione delle strutture da accreditare in riferimento all’intensità, alle tipologie di cura erogate e alle patologie trattate. In psichiatria – continua – è determinante la relazione terapeutica, alla base di ogni trattamento e che richiede pertanto un investimento essenziale sul ‘capitale umano’. La carenza di personale oggi è drammatica e rischia di far crollare l’intero sistema pubblico. La salute mentale non può restare il fanalino di coda della sanità italiana ed è fondamentale un adeguamento stabile dei fondi disponibili in una misura non inferiore all’8-9% del totale del fondo sanitario (come in altri Paesi europei, come la Francia). Oggi siamo sotto il 3%.”
“È enorme anche il problema della sicurezza degli operatori, sia all’interno delle strutture sia nelle fasi di gestione dei pazienti in crisi acute all’interno del pronto soccorso sia in tutte le strutture su cui convergono gli autori di reato con disturbo mentale grave, che vedono oggi nella REMS l’unico riferimento normativo, peraltro già ampiamente sature da anni, in assenza di una politica di adeguamento delle carceri per i soggetti, pur portatori di disturbo mentale, che lì devono e possono stare con Servizi interni funzionali e diversificati per esigenze cliniche e di controllo sociale”, afferma Bondi.
L’enorme aumento degli invii ai Servizi Psichiatrici degli autori di reato sta spostando i problemi irrisolti delle carceri alle strutture che hanno sostituito gli OPG, le cosiddette REMS, ed alle altre strutture del Dipartimento di Salute Mentale: “Questo costringe la psichiatria, senza difese, ad occuparsi di chi non può stare alle regole di una normale convivenza quando queste regole ha già dimostrato di trasgredirle ampiamente”, dichiara Bondi. “Dalla legge di riforma degli OPG non esistono ancora Servizi e percorsi terapeutico-riabilitativi differenziati in grado di garantire cura ma anche rispetto delle pene che derivano dal riconoscimento di reati particolarmente gravi compiuti da persone violente. Per garantire anche tutto questo servono finanziamenti proporzionati ai nuovi impegni che i Servizi si devono assumere e nuovo personale adeguatamente formato.”
Le difficoltà citate, se non risolte, non possono che avere conseguenze drammatiche: “Parliamo di episodi di violenza gravissimi, come quelli accaduti un po’ dovunque e che hanno generato, per livello di gravità, l’omicidio di Pisa, con autori di reato che rimangono liberi per mesi in attesa del posto in REMS e vengono così affidati alla ‘vigilanza’ di strutture sanitarie – come i Centri di Salute Mentale – che non posseggono capacità di controllo del comportamento violento e sono esposti costantemente al rischio”, spiega ancora Bondi. “Sono centinaia le segnalazioni di fatti violenti ogni giorno, ma migliaia sono quelli non denunciati per palese impossibilità di intervento e di risposta anche da parte degli organi addetti quali magistratura, polizia e carabinieri. Questo crea un contesto invivibile nonostante il personale in servizio, da anni sottovalutato, stia dando il massimo possibile.”
“La SIP – conclude Bondi – ritiene che l’Italia non abbia necessità di nuove Leggi, quanto di un nuovo Progetto Obiettivo sulla Salute Mentale Nazionale che tracci le nuove linee di indirizzo dei Servizi di Salute Mentale in un’ottica d’integrazione dei saperi e delle azioni. Auspichiamo che il Nuovo Tavolo Tecnico, istituito dal Ministro della Salute, affronti il problema con un progetto complessivo, unitario ed a forte integrazione, che parta dalla prevenzione e che possa via via portarne i principi nella promozione di salute, consentendo ai Ministeri coinvolti, tantissimi (Salute, Istruzione, Interni, Giustizia, Università), di parlarsi tra loro.”