La retina “rischia” alle grandi altitudini

Le rapide salite in alta quota danno origine a un aumento significativo dello spessore dello strato delle fibre nervose (RNFL) della retina, che a sua volta può causare ulteriori alterazioni patologiche della membrana. Sono queste le conclusioni di uno studio condotto in Cina e pubblicato su Eye. La ricerca, realizzata da X. Tian e dai colleghi del 153° Ospedale Centrale di PLA, a Zhengzhou, ha esaminato le retine di 91 operatori sanitari prima che si recassero in Tibet, a 4.600 metri di altezza sul livello del mare. Di questi, 23 sono stati sottoposti a ulteriori esami della retina a distanza di un mese e tre mesi dal rientro alla base, situata a circa 100 metri sul livello del mare. Dopo l’ascesa in alta quota, sono stati registrati incrementi significativi dello spessore dello strato cellulare RNFL e dello strato delle cellule gangliose (GCL) nei quadranti superiori della macula e nei quadranti nasali e temporali del disco ottico. Lo spessore dello strato RNFL del quadrante inferiore del disco ottico, al contrario, è diminuito notevolmente. “Questi risultati ci aiutano a comprendere gli effetti di rapide ascese ad alta quota sulla retina e a trovare metodi per il monitoraggio e la prevenzione dei disturbi oculari in alta montagna”, commentano i ricercatori.

Al rientro alla base, gli spessori retinici sono tornati ai livelli precedenti la salita, a eccezione dello strato RFNL del quadrante inferiore della macula, diventato molto più spesso. Uno dei partecipanti ha sviluppato una neuropatia ottica ischemica; due hanno sviluppato amaurosi corticale e sei hanno sviluppato miopia permanente, che è migliorata all’esame di controllo finale, svolto dopo un periodo di tre mesi.