La curvatura anomala del pene e la collagenasi di Clostridium histolyticum

È conosciuta come Malattia di La Peyronie o Induratio penis plastica (Ipp) ed è una malattia abbastanza diffusa – anche tra i giovani, nei quali è anche più aggressiva – che deforma il pene, deviandolo dal suo asse, tanto da rendere impossibili i rapporti sessuali. Una malattia improvvisa e senza sintomi per la quasi totalità degli uomini, visto che solo in un quarto dei casi i pazienti lamentano dolore anche in situazione di riposo. La causa di questo incurvamento è dovuta a una placca fibrotica, spesso calcifica, che incurva il pene verso la pancia. Nel 30% cento dei casi, chi soffre di Ipp ha anche la malattia di Dupuytren, che sempre per la presenza di una placca fa contrarre le dita delle mani.

Da poco meno di un anno, per risolvere l’incurvamento viene impiegata la collagenasi di Clostridium histolyticum che, almeno in teoria, permette di “sciogliere” la placca di collagene. La sua infiltrazione da parte di un medico addestrato a farlo e che abbia un’approfondita conoscenza della malattia e del suo trattamento, associata a esercizi di modellamento del pene, favorisce quindi la correzione della curvatura. Ma sarà vero? Alcuni risultati riferiti al recente congresso di urologia parlano di una riduzione della curvatura di un 32%. Ma si tratta di casi isolati e non verificati da altri centri dove le difficoltà sono soprattutto economiche (anche 5mila euro a trattamento, senza alcuna garanzia di successo).

A oggi, l’unica soluzione dell’Ipp è chirurgica e l’intervento più comune è la corporoplastica semplice, che permette il riallineamento del pene. Non è però un’operazione adatta a tutti e nei casi in cui la placca, oltre che fibrotica, sia anche calcifica, è necessario ricorrere a un altro intervento che prevede l’utilizzo di un patch dermico, un vero e proprio “rattoppo” con pelle prelevata in genere dall’addome, che si impianta sul pene. “È un intervento complesso e lungo circa tre ore – spiega Aldo Franco De Rose, urologo e andrologo presso il San Martino di Genova e presidente Ass.A.I. – e si utilizza solo in situazioni complesse. I risultati sono però molto buoni, non solo perché il derma attecchisce quasi sempre, ma perché si distende e si allunga proprio come la tunica albuginea del pene, e il risultato è provato ecograficamente.”

A Palermo sono stati presentati i risultati a lungo termine (18 anni) di questa tecnica di ricostruzione che consente di ottenere un pene perfettamente funzionante e senza curvatura, con ottimi risultati anche sulle recidive. E, soprattutto, evitando al paziente l’impianto di protesi e con una cicatrice che è quella di una circoncisione. Il rischio usuale di queste tecniche è che il derma si retragga, provocando un nuovo incurvamento. “Cosa che può essere evitata – conclude De Rose – con accorgimenti particolari, come le linee di scarico laterali sulla tunica albuginea e la preparazione del patch di almeno un terzo in più rispetto a quello che serve dopo aver rimosso la placca fibrotica o calcifica. Grazie ai patch elastici, possiamo evitare l’incurvamento recidivo.”