Intolleranza al lattosio: sintomi, forme, test e terapie

L’intolleranza al lattosio si manifesta quando viene a mancare parzialmente o totalmente l’enzima lattasi, ovvero una proteina, che, in condizioni normali, il nostro intestino produce per consentire la digestione del lattosio. Normalmente, da bambini fino agli 11-13 anni lo si riesce a digerire. Poi, da adulti molti non lo tollerano. Questo perché il latte è stato introdotto solo in tempi “più recenti”, ovvero circa 10.000 anni fa, quando l’uomo si è dato alla pastorizia: il nostro genoma non si è ancora abituato a un cambiamento così radicale nell’alimentazione.

DISTRIBUZIONE

Il deficit di lattasi riguarda più del 70% della popolazione mondiale (Gasparini P., 2013, Intolleranza al lattosio: ruolo del test genetico, About Medicine), ma varia significativamente in base all’etnia. Secondo lo studio Cavalli-Sforza del 1987, in Europa l’incidenza del deficit di lattasi aumenta notevolmente passando da Nord a Sud: è piuttosto bassa (< 5%) nei Paesi dell’Europa settentrionale e molto alta (70-80%) nei Paesi dell’Europa Meridionale. In particolare, è stato evidenziato un passaggio piuttosto marcato dalla Svizzera (16%) e dall’Austria (14-23%) al Nord Italia (52%). In Sud America, Africa e Asia, più della metà della popolazione adulta presenta questo deficit, mentre in alcuni Paesi dell’Estremo Oriente si arriva addirittura al 100% della popolazione. Non sono state, invece, rilevate particolari differenze di incidenza tra donne e uomini. Anche recenti ricerche (Zadro C., Dipresa S. , Zorzetti G., Pediroda A., Menegoni F., 2016, Lactase non-persistent genotype distribution in Italy, Minerva Gastroenterologica e Dietologica) confermano questo andamento, con un’incidenza del 60% al Nord, attorno al 70% al Centro e al Sud Italia: la distribuzione interna del deficit di lattasi si sta uniformando, probabilmente a causa delle migrazioni interne da Sud a Nord.

FORME DI INTOLLERANZA AL LATTOSIO

Distinguiamo tre forme di intolleranza al lattosio. La forma primaria è quella più comune. Permanente e di origine genetica, si può manifestare nel bambino con lo svezzamento (a circa 2 anni di età) oppure nell’adulto a causa della riduzione progressiva della produzione di lattasi. La forma secondaria, invece, è solo transitoria: determinata da patologie acute (come salmonellosi o gastroenteriti virali) o croniche intestinali (come celiachia, morbo di Crohn, linfomi, sindrome dell’intestino irritabile), si risolve nel momento in cui viene ristabilita l’integrità della parete intestinale. Infine, esiste una forma molto rara, di origine genetica, determinata da mutazioni a carico del gene che codifica l’enzima lattasi, con conseguente totale assenza di lattasi fin dalla nascita, che persiste poi tutta la vita.

SINTOMI

I tipici sintomi dell’intolleranza al lattosio si manifestano da 30 minuti a 2 ore dopo l’ingestione di alimenti contenenti lattosio. Includono: dolore addominale, gonfiore, diarrea e flatulenza. L’entità di queste manifestazioni varia da persona in persona, a seconda del grado di carenza di produzione dell’enzima lattasi.

DIAGNOSI

Due sono i test più affidabili per individuare l’intolleranza al lattosio: il Breath Test e il test genetico del polimorfismo C/T-13910 (specifico per la popolazione caucasica). Il test finora più diffuso è il Breath Test: misura la quantità di idrogeno presente nel respiro del paziente, che, a digiuno da almeno 8 ore, non deve aver assunto antibiotici nelle 2 settimane precedenti l’analisi. Innanzitutto gli viene chiesto di soffiare in un palloncino. Successivamente gli viene somministrata una bevanda contenente 20-50 g di lattosio. Per le 4 ore successive, vengono prelevati almeno 6 campioni di aria, ottenuti facendo soffiare il paziente nel boccaglio ogni 30 minuti. Questa complessità di esecuzione fa sì che solo pochi bambini riescano a portare a termine questo esame. Nei soggetti intolleranti, l’assunzione di lattosio determina processi di fermentazione a carico dell’intestino, che aumentano la produzione di idrogeno. Un test positivo accerta la presenza di un malassorbimento del lattosio esistente al momento dell’esame, ma non ne individua la causa (ipolattasia primaria o secondaria). Può dare, inoltre, origine a falsi negativi, dovuti ad alterazioni della flora intestinale. Il test genetico, invece, valuta la presenza nel proprio DNA, di una variante responsabile del deficit di lattasi. Si tratta di un test semplice, non invasivo e di facile esecuzione anche nel bambino: è sufficiente un digiuno precedente all’analisi di un’ora e un prelievo di saliva di solo un minuto, tramite tampone buccale, che può essere eseguito restando comodamente a casa. Dopo l’invio del campione, nell’arco di circa due settimane, si riceve il report genetico redatto da un team di genetisti. Il risultato del test resta valido per sempre, in quanto l’informazione genetica non cambia nel tempo, fornendo dunque una risposta definitiva riguardo l’intolleranza individuale. Attraverso questo test, è possibile anche distinguere tra una forma primaria permanente e una forma secondaria transitoria. È molto utile anche a chi è già stata diagnosticata un’intolleranza al lattosio con il Breath Test: un test genetico negativo escluderebbe una causa genetica, portando così a pensare che l’intolleranza sia solo transitoria.

TERAPIA

Fare il test è importante per escludere dalla dieta in modo totale o parziale, a seconda della gravità dei casi, gli alimenti contenenti lattosio. Il lattosio viene spesso utilizzato dall’industria alimentare e farmaceutica, come conservante, addensante o eccipiente. Leggere attentamente  l’etichetta dei cibi, soprattutto se preconfezionati o surgelati, è fondamentale per evitare l’introduzione accidentale di quote di lattosio. In caso di intolleranza transitoria, ovvero di forma secondaria, questa terapia andrebbe protratta per un periodo di almeno 3-6 mesi, per permettere la ripresa della normale funzionalità intestinale. Dopo tale periodo, si prova progressivamente a reintrodurre nella dieta il lattosio e si valuta la reazione. Se intolleranti in forma primaria, quindi genetica, invece, gli alimenti contenenti lattosio vanno esclusi dalla dieta in modo permanente. Fortunatamente, esistono in commercio diversi integratori di lattasi, da assumere poco prima dei pasti, che assicurano una completa digestione del lattosio. Questo tipo di trattamento può essere impiegato sia nell’intolleranza al lattosio primaria che secondaria: in entrambi i casi, l’assunzione di lattasi è utile a ridurre o eliminare la sintomatologia intestinale derivante dal malassorbimento del lattosio.