“Identificata per la prima volta al mondo terapia in grado di prevenire l’insufficienza renale acuta”

Sono oltre 300milioni l’anno gli interventi chirurgici nel mondo, 1milione eseguito con ausilio di bypass cardiopolmonare. Il corpo e gli organi dei pazienti che affrontano un intervento chirurgico sono sottoposti ad uno stress acuto e diversi studi affermano che a risentire dello stress operatorio sono soprattutto i reni, in quanto si riduce la perfusione renale e aumenta il rischio di sviluppare insufficienza renale acuta IRA, che può successivamente evolvere in malattia renale cronica. Fino ad oggi, non erano noti interventi preventivi specifici per l’insufficienza renale acuta oltre all’implementazione di misure di supporto. L’IRA, presente nel 10-15% di tutti i pazienti ospedalizzati nel mondo (circa 0,5miliardi all’anno) e nel 50% dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva rappresenta una condizione critica con alta mortalità e morbilità. Uno studio ha infatti rilevato che il tasso di mortalità a 90 giorni nei pazienti critici con IRA può arrivare fino al 30-40%, rendendo questo evento decisamente più mortale rispetto all’infarto del miocardio.

Il lavoro, appena pubblicato sul New England Journal of Medicine, è stato coordinato dal prof. Giovanni Landoni, direttore del Centro di Ricerca Anestesia e Rianimazione dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ordinario presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, e dal prof. Alberto Zangrillo, primario dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Generale, Cardio-Toraco-Vascolare e dell’Area Unica di Terapia Intensiva Cardiologica e Cardiochirurgica, referente Direzionale Aree Cliniche dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ordinario di Anestesia e Rianimazione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e prorettore per le Attività Cliniche Istituzionali dell’Università Vita-Salute San Raffaele, e condotto in collaborazione con diversi Centri italiani e internazionali, fra cui l’Università di Melbourne, in particolare, con Rinaldo Bellomo, professore di Terapia Intensiva. La ricerca dimostra per la prima volta l’efficacia della somministrazione endovenosa di amminoacidi per prevenire la comparsa di IRA in seguito ad intervento chirurgico con bypass cardiopolmonare.

LO STUDIO

Lo studio internazionale coordinato dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, finanziato grazie a un grant del Ministero della Salute Italiano, ha coinvolto 3.511 pazienti provenienti da 22 Centri tra Italia, Croazia e Singapore, e viene presentato proprio in questi giorni dal prof. Giovanni Landoni e dalla dott.ssa Martina Baiardo Redaelli a Belfast, in occasione del Critical Care Reviews Meeting 2024, conferenza scientifica che mette in evidenza i più rilevanti studi clinici di Terapia Intensiva.

I ricercatori hanno somministrato per via endovenosa la terapia di aminoacidi a un primo gruppo di 1.759 pazienti adulti che venivano sottoposti ad intervento di chirurgia cardiaca con bypass cardiopolmonare e nei 3 giorni successivi l’intervento; ai restanti 1.752 è stato invece somministrato un placebo. È stato riscontrato che l’IRA si è verificata in 474 pazienti del gruppo che ha ricevuto il farmaco (26,9%) rispetto a 555 pazienti del gruppo che ha ricevuto il placebo (31,7%), registrando una diminuzione della probabilità di comparsa di IRA del 5%.

“Abbiamo visto che, somministrando una soluzione di amminoacidi per via endovenosa dal momento immediatamente precedente all’operazione fino a 3 giorni post-intervento, il rene è in grado di mantenere una buona perfusione ottimizzando l’ossigenazione renale e la filtrazione glomerulare diminuendo quindi di molto la probabilità che insorga un’IRA”, dichiara Landoni. “I dati che abbiamo raccolto con questo studio confermano che la terapia con gli aminoacidi è in grado di prevenire l’insufficienza renale acuta”, afferma Zangrillo. “Da oggi potremo studiare e forse applicare questi risultati non solo agli interventi chirurgici effettuati con bypass, ma anche a chi soffre di insufficienza cardiaca, a chi si sottopone a trapianto di rene, a chi ha un’insufficienza renale in corso, a pazienti settici e potrà essere usata anche per ridurre i danni da mezzi di contrasto.”

“Siamo fiduciosi che il nostro contributo possa fare la differenza nel mondo della Medicina: è la prima volta nella storia che proteggiamo il rene pre e post-intervento con un farmaco”, conclude Bellomo. “Questo cambio di paradigma potrebbe migliorare l’outcome di milioni di pazienti ogni anno.”