Al Congresso della Società Italiana di Medicina Interna SIMI, svoltosi nei giorni scorsi a Roma, si è parlato delle terapie dell’obesità. Va ricordato che questa patologia e le malattie correlate (in particolare il diabete di tipo 2) hanno risvolti umani, clinici e socio-economici enormi, ed è dunque imperativo trovare soluzioni terapeutiche. E i primi importanti risultati concreti di questo sforzo di ricerca si stanno cominciando a vedere, con le terapie già approdate alla pratica clinica e quelle di prossimo arrivo. “La Commissione Europea ha recentemente riconosciuto che l’obesità è una malattia cronica, recidivante e progressiva e come tale non è più soltanto un fattore di rischio per malattie cardio-metaboliche, epatiche o respiratorie”, afferma il prof. Giorgio Sesti, presidente SIMI. “Le strategie terapeutiche basate sul cambiamento di stile vita sono state negli ultimi affiancate da farmaci efficaci e sicuri basati sugli agonisti del recettore del GLP-1 che si stanno arricchendo di nuovi poli-agonisti, che utilizzano 2 o 3 molecole ormonali. Lo sviluppo di questi nuovi farmaci per la cura dell’obesità apre nuovi scenari non solo per il trattamento del sovrappeso, ma anche per i possibili benefici in termini di prevenzione cardiovascolare.”
“Gli agonisti recettoriali del GLP-1 e i poli-agonisti recettoriali, o l’associazione di alcuni di essi rappresentano al momento soluzioni farmaco-terapiche molto efficaci e sicure per la perdita di peso ed il suo mantenimento”, dichiara il prof. Paolo Sbraccia, ordinario di Medicina Interna del Dipartimento di Medicina dei Sistemi dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Medicina Interna e Centro Medico dell’Obesità del Policlinico Tor Vergata. “Queste nuove classi di farmaci nei soggetti con diabete riducono inoltre il rischio cardiovascolare sia indirettamente, attraverso il calo ponderale, che direttamente, attraverso effetti anti-aterogeni. I risultati dei trial in corso, disegnati per verificare se tali farmaci riducano il rischio di eventi cardiovascolari anche nei pazienti con obesità non diabetici, ci diranno se l’obesità dovrà essere inquadrata come un equivalente di malattia cardiovascolare.”
“L’obesità è una malattia cronica, recidivante e progressiva (come stabilito anche dalla Commissione Europea) e questa accezione la colloca nel novero delle malattie curabili con i nuovi farmaci, che hanno un profilo di efficacia e sicurezza sempre maggiore”, prosegue Sbraccia. “Questo naturalmente non vuol dire che l’approccio multidisciplinare, la terapia cognitivo-comportamentale e, nei casi più gravi, la chirurgia bariatrica verranno spazzati via, ma certamente il pilastro terapeutico della farmacoterapia è destinato a rinforzarsi sempre di più, mentre lo spazio della chirurgia si andrà assottigliando.”
Attualmente sono a disposizione farmaci già molto validi come la liraglutide a somministrazione quotidiana, che ha però un’efficacia limitata sul calo ponderale (la perdita attesa è inferiore al 10% del basale). “A breve però – dichiara Sbraccia – è atteso l’arrivo della semaglutide 2,4 mg, un GLP-1 agonista a somministrazione iniettiva settimanale, che consente di perdere oltre il 15% del peso corporeo (nei trial clinici, oltre 1/3 dei soggetti trattati hanno superato il 20% di perdita del peso iniziale). Sono inoltre in corso trial clinici sull’associazione semaglutide-cagrilintide (un analogo a lunga emivita dell’amilina) che consentirebbe di superare anche la soglia 20% di perdita di peso iniziale.”