La fibrosi polmonare idiopatica è una malattia polmonare cronica, invalidante, con esito infausto ad alta mortalità, con un’aspettativa mediana di sopravvivenza di circa 2-3 anni dalla diagnosi, che spesso si confonde con comuni disturbi delle vie respiratorie di altre malattie croniche: una strana tosse secca, incapacità di compiere sforzi e di portare a termine le attività consuete, mancanza di fiato e forse le unghie che cambiano ingrossandosi. Singolarmente sono tutti sintomi aspecifici eppure, messi insieme, dovrebbero indirizzare verso una sospetta Fibrosi Polmonare Idiopatica. Per escluderla basta una TAC del torace ad alta risoluzione, strumento ormai a disposizione di tutti i centri ospedalieri. I risultati dello studio INPULSIS® ON indicano che, nei pazienti che hanno continuato il trattamento con nintedanib, la variazione dei valori di capacità vitale forzata (FVC) dal basale alla settimana 48 e fra le settimane 48 e 96 è stata comparabile a quella osservata nei pazienti che hanno ricevuto il farmaco attivo nintedanib negli studi di partenza INPULSIS® a 52 settimane. “Ora disponiamo di risultati a lungo termine su nintedanib in pazienti con fibrosi polmonare idiopatica che sono in linea, in termini di progressione della malattia su un periodo di 3 anni, con quelli osservati in INPULSIS®. Inoltre, non sono emersi nuovi aspetti da segnalare riguardo alla sicurezza. Questi risultati vanno ad aggiungersi al robusto ‘corpus’ di evidenze che dimostrano che nintedanib è una terapia efficace e controllabile con chiari benefici per i pazienti che convivono con la IPF”, ha commentato Bruno Crestani, Professore di Pneumologia della Facoltà di Medicina dell’Università Diderot di Parigi e Responsabile della Divisione di Pneumologia e Malattie Polmonari Rare dell’Ospedale Bichat di Parigi. I dati sono stati presentati all’edizione 2016 del Congresso Internazionale della European Respiratory Society.
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