
Il virus influenzale H3N2, la cosiddetta “influenza australiana”, ha già fatto capolino in Italia. Molto probabilmente, quest’anno tornerà a circolare come nel periodo pre-Covid-19, portando verosimilmente a una condizione di co-presenza dei diversi virus. L’autunno che si avvicina fa prevedere un incremento dei contagi da Covid-19, oltre che un’ondata influenzale che – sulla base dell’andamento della malattia nell’emisfero Sud – si preannuncia intensa: in Australia, i virus influenzali hanno infatti colpito una percentuale della popolazione più elevata del solito, spesso in maniera anche seria, in seguito alla riduzione di tutte le precauzioni che avevano in qualche modo non solo ridotto il Covid, ma anche contribuito a ridurre di molto l’influenza. Inoltre, i primi casi sporadici di influenza nel nostro Paese – segnalati nei giorni scorsi anche in Italia al Policlinico Sant’Orsola di Bologna, in netto anticipo rispetto alle aspettative – confermano il timore che il virus influenzale possa quest’anno tornare a circolare largamente, dopo 2 anni nel corso dei quali le misure di contrasto alla pandemia ne avevano sensibilmente frenato la diffusione.
Diversi i fattori facilitanti e scatenanti che si combinano nel periodo autunnale e invernale: la riapertura delle scuole; la ripresa massiccia delle attività lavorative; il maggior tempo trascorso in ambienti chiusi; gli sbalzi termici. Tutte condizioni che facilitano l’aumento della diffusione dei virus e del rischio di contagio e che quest’anno coincideranno, oltre che con la dismissione della maggior parte delle accortezze avute in precedenza nei momenti di interazione con le altre persone, anche con la fine di quello che è comunque stato un lungo periodo di “isolamento” che ha contribuito alla riduzione delle difese immunitarie.
Di fatto, non era mai accaduto che l’influenza arrivasse nel nostro Paese così in anticipo, quando a tutti gli effetti l’estate è ancora in corso. Si tratta del virus di tipo A, ceppo H3N2, meglio noto come influenza australiana, i cui sintomi non sono molti diversi dalle influenze che si sono manifestate in passato, con un coinvolgimento delle vie respiratorie (anche quelle basse). “Per ora si tratta comunque solo di casi isolati”, afferma il prof. Fabrizio Pregliasco, direttore scientifico dell’Osservatorio Influenza, professore associato di Igiene Generale ed Applicata, sezione di Virologia del Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano, e direttore sanitario I.R.C.C.S. Istituto Ortopedico Galeazzi. “L’autunno, nella parte iniziale, solitamente fa prevalere le forme simil influenzali, mentre la vera ondata influenzale si scatenerà quando il freddo si farà più vigoroso e prolungato, quindi più avanti, tra fine novembre e inizio dicembre. Questi primi casi devono essere però un campanello dall’allarme, soprattutto per i soggetti a rischio, ai quali si raccomanda di vaccinarsi a partire da ottobre con il vaccino antinfluenzale aggiornato.”
L’influenza è una malattia infettiva acuta, contagiosa che generalmente ha un decorso di 5-7 giorni e tende a guarire spontaneamente; rappresenta tuttavia una malattia le cui complicazioni si stima determinino in Italia circa 8mila decessi all’anno, con maggiori rischi per i soggetti a rischio, e dunque anziani, bambini e individui affetti da patologie croniche. “Il modo migliore per prevenire l’influenza è aderire al più presto alla campagna di vaccinazione, secondo i criteri adottati dalle regioni e dal Ministero”, afferma Pregliasco. “Come per il Covid, è bene evitare gli assembramenti, indossare le mascherine nei luoghi affollati, stare distanti da persone con influenza, igienizzarsi spesso le mani.”
La vaccinazione, gratuita, è rivolta in particolare a donne che all’inizio della stagione epidemica di trovano in gravidanza; a soggetti dai 6 mesi ai 65 anni di età affetti da patologie che aumentano il rischio di complicanze da influenza; a soggetti di età pari o superiore a 65 anni; agli addetti ai servizi pubblici di primario interesse collettivo. Viene anche raccomandata ai donatori di sangue, ai bambini sani nella fascia di età tra i 6 mesi e i 6 anni e, vista la contemporanea presenza del Covid, anche ai soggetti di età compresa tre i 60 e 64 anni. Vaccinarsi contro l’influenza all’inizio dell’autunno aiuta a evitare, soprattutto nelle persone fragili complicazioni, anche gravi dovute all’influenza o a una sovrapposizione con il Covid.
Nel prossimo autunno/inverno, come già accaduto in Australia, è prevedibile una nuova risalita di casi Covid, che si andranno a sommare ai casi di influenza stagionale. “Quest’inverno sarà probabilmente la nostra ultima battaglia con la pandemia; in questo momento ci troviamo in una fase di transizione, il virus si sta cioè progressivamente endemizzando”, continua Pregliasco. “La malattia rimarrà ma, a meno che non arrivi una variante particolarmente aggressiva, non dobbiamo più immaginare il Covid come una presenza costante e continua ma ci dobbiamo aspettare ondate, si spera, via via sempre più brevi e di minore intensità. Ma questo non significa affatto che si debba rinunciare alla cautela. Il virus continua a cambiare, schivando la capacità di risposta della memoria immunitaria acquisita dai soggetti vaccinati o che hanno contratto il Covid. Ecco perché è importante continuare a vaccinare, in particolare i soggetti fragili, anche in ‘combinazione con la vaccinazione antinfluenzale’, oltre ad avere comportamenti responsabili. Solo così si farà la differenza perché il Covid non si è ‘raffreddorizzato’, come si vuol far pensare, ma circola ancora molto e purtroppo uccide ancora. Si è solo un po’ rabbonito, ma questa sua relativa bontà è legata al fatto che gran parte di noi, vaccinati e guariti, pur non sfuggendo all’infezione, riesce a evitare gli effetti più pesanti della malattia.”