Evolocumab, il farmaco che riduce il colesterolo LDL anche a lungo termine e diminuisce gli infarti

In occasione del Congresso annuale della Società Europea di Cardiologia ESC, a Barcellona, Amgen ha presentato importanti dati dall’estensione open label (OLE) dello studio di fase III Fourier di Repatha® (evolocumab) in pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD). I dati, pubblicati in contemporanea su Circulation, evidenziano il contributo che la terapia con evolocumab può offrire per aiutare i pazienti a raggiungere e mantenere il colesterolo LDL ai livelli raccomandati. In particolare, si è evinto che:

  • L’80% dei pazienti alla 12ma settimana ha raggiunto livelli di colesterolo LDL inferiori ai 55 mg/dL raccomandati dalle linee guida ESC/EAS 2019;
  • Un trattamento più precoce con evolocumab ha determinato una minore incidenza di eventi cardiovascolari maggiori, inclusi i decessi per causa cardiovascolare.

La possibilità di raggiungere e mantenere nel tempo i livelli target di colesterolo LDL grazie ai PCSK9i trova conferma anche nei risultati di uno studio italiano di real-world evidence, che ha reclutato 798 pazienti con malattia cardiovascolare ischemica o con ipercolesterolemia familiare che erano in terapia con un inibitore del PCSK9 da almeno 6 mesi. “I pazienti hanno presentato una riduzione media dei livelli di colesterolo del 64% che si è mantenuta per tutti i 19 mesi del follow-up”, commenta Pasquale Perrone Filardi, autore dello studio e direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università Federico II di Napoli. “L’aderenza e la persistenza alla terapia sono risultate superiori al 95%, con una percentuale di interruzione del farmaco del 3%. Lo studio dimostra che anche in una condizione in cui il paziente autogestisce la terapia i risultati sono altrettanto buoni in termini di elevata efficacia rispetto a quelli degli studi clinici, soprattutto nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare. Per quanto riguarda l’aderenza alla terapia sappiamo che con altri farmaci, tipicamente con le statine, una larga percentuale di soggetti, fino anche al 50%, abbandonano la terapia a un anno dalla prescrizione. Qui invece siamo di fronte a una classe di farmaci che mostra una persistenza alla terapia elevatissima. Se questa terapia viene data in aggiunta alle terapie orali convenzionali, circa 3/4 dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare riescono a raggiungere il target stabilito dalle linee guida correnti, cioè un colesterolo LDL inferiore a 55 mg/dL. Si tratta di un fatto molto importante – continua Perrone Filardi – poiché una delle sfide della prevenzione cardiovascolare è proprio il raggiungimento dei target indicati dalle linee guida. Purtroppo questi farmaci sono ancora utilizzati in maniera non ottimale. In Italia abbiamo circa 30mila pazienti in terapia, contro una percentuale stimata di pazienti potenzialmente eleggibili che arriva intorno ai 100mila.”

Per favorire un migliore utilizzo di questa terapia, la stessa Aifa, anche grazie a un intervento delle società scientifiche cardiologiche, ha recentemente modificato i criteri di eleggibilità al trattamento riducendo i limiti di riferimento del colesterolo LDL che consentono l’accesso alle terapie innovative PCSK9i, portandoli da 100 a 70 mg/dL. “Le nuove osservazioni dello studio Fourier-OLE confermano che un più precoce inizio della terapia con evolocumab, combinato con una più lunga durata del trattamento offre una maggiore riduzione del rischio cardiovascolare, inclusa la morte”, dichiara David M. Reese, MD, vicepresidente esecutivo Ricerca e Sviluppo di Amgen. “Questi dati si aggiungono alle già robuste evidenze su evolocumab dimostrando che il trattamento a lungo termine con questa terapia è ben tollerato nei pazienti con ASCVD stabile.”

Sono stati complessivamente 9 i centri italiani che hanno partecipato allo studio Fourier-OLE, arruolando un totale di 198 pazienti. “Un aspetto che emerge dallo studio è la totale aderenza dei pazienti alla terapia”, sottolinea la dott.ssa Piera Angelica Merlini, Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Niguarda di Milano, che ha partecipato allo studio. “La totale aderenza dei pazienti alla terapia è molto importante perché significa che il farmaco ha un buon profilo di tollerabilità. Nei pazienti che nei primi 30 mesi avevano ricevuto il trattamento attivo si è registrata una riduzione degli eventi cardiovascolari e della mortalità. Ciò suggerisce che un inizio tempestivo del trattamento e una riduzione prolungata dei livelli di colesterolo consentono di ottenere una stabilizzazione dell’albero coronarico – e non solo coronarico – con conseguente riduzione della mortalità.”