Riceviamo e pubblichiamo volentieri l’esperienza dell’infermiera Laura La Verde in una delle sale di rianimazione del Policlinico San Martino di Genova:
“Era il primo giorno di primavera, il 21 marzo, un sabato di riposo per un’infermiera come me che nei giorni di riposo fa la mamma e si dedica a sua figlia e alla famiglia. Pieno pomeriggio, di quelli passati a combattere tra lavatrici da fare e casa da sistemare. In casa e fuori si respirava l’ansia del mostro invisibile, il SARS-CoV-2 e la sua malattia, il COVID-19. Non ero serena, a dir poco avevo paura, soprattutto perché sapendone poco o niente avevo paura per mia figlia, che, come tanti genitori mai avrei voluto vivesse ‘la crisi’, come la chiama lei.
Squillò il telefono, all’ora di merenda. Era la mia bravissima caposala Daniela: ‘Laura, non è che puoi fare la notte in Rianimo al Pronto? Iniziano ad arrivare pazienti intubati e dobbiamo aprire!’ Ecco, li mi si è gelato il sangue. ‘E adesso?’, mi dico. Mi è venuto in mente il giorno che decisi di fare la scuola infermieri, avevo 16 anni, piena di dubbi e di speranza ma con un unico obiettivo: aiutare le persone a guarire. Ho pensato che se ci fossi stata io in quella Rianimazione avrei voluto che qualcuno dicesse ‘sì’ anche per me e per le persone che amo, e ho detto: ‘Sì Daniela, va bene’.
Mi chiamo Laura e sono un’Infermiera Strumentista, lavoro in sala operatoria e sono mamma di una bellissima bimba di nome Agnese, che ha 8 anni. Il papà di Agnese anche lui lavora in ospedale. L’unica esperienza di rianimazione l’ho avuta con la mia mamma che due anni fa è stata colta da shock settico. Lì ero dall’altra parte della barricata ma ho colto, ho imparato tante cose: affrontare dolori ed emergenze inattese e a comprendere che la vita è una e va affrontata con responsabilità e coraggio.
In un attimo di quel pomeriggio di primavera la mia vita è cambiata. Da lì in poi non ho più abbracciato la mia famiglia per 45 giorni e oltre, ho conversato con loro attraverso una mascherina e la maggior parte del mio tempo l’ho trascorso in ospedale. Il mio profumo preferito è stato sostituito dal profumo cloro e le immense sudate sotto tute, camici visiere e mascherine mi ha fatto perdere tre chili ma ci ho guadagnato la capacità di vivere il presente. Devo per dovere di cronaca essere comunque onesta e sinceramente ad oggi non so se potendo scegliere direi nuovamente di sì.
La paura c’è sempre. L’istinto di sopravvivenza pure, tiene vivi e in allerta. L’aumento dei controlli a tampone ha ovviamente riscontrato un nuovo aumento dei contagi, seppur in forma più attenuata ma che richiede comunque attenzione e responsabilità. In quel contesto di ‘emergenza’ ho fatto del mio meglio con impegno e dedizione. I primi giorni è stato difficile gestire la vestizione, l’odore di cloro, la sofferenza e la stanchezza, ma col senno di poi a dire il vero ho patito di più il super interesse mediatico e il continuo essere sotto i riflettori della mia professione, prima come eroi, poi come untori e poi come professionisti sì sottopagati ma che hanno fatto ‘solo’ il loro dovere. Non è stato facile, no, per nulla.
Per quanto mi riguarda ho fatto quello che era giusto e necessario fare e ho continuato ad essere quella che sono sempre stata, almeno come infermiera, facendo del mio meglio. A oggi sono contenta di aver affrontato la paura e aver imparato a convivere col Covid-19. Mi guardo e ringrazio per l’esperienza e l’opportunità di crescita che questa emergenza mi ha dato, considerando che nulla capita a caso nella vita.
In quei giorni mi piaceva pensare che i nostri sacrifici avrebbero dato i loro frutti e l’estate abbastanza serena che stiamo passando ne è la prova. Credo però sia strettamente necessario che tutti continuiamo a metterci attenzione e responsabilità, continuando a indossare la mascherina, lavandosi le mani, rispettando il distanziamento sociale. Ma soprattutto deve passare il messaggio che la mascherina al gomito, come va ora tanto di moda, non serve a nulla. Purtroppo, men che il virus sia attenuato e le forme di contagio siano meno aggressive, non abbiamo finito di combattere e le regole vanno rispettate per garantire la salute a noi, alle nostre famiglie e ai nostri concittadini.
Penso che si possa vivere bene comunque e che sia una ulteriore buona occasione per tornare a quei valori di solidarietà e senso civico che la vita sociale richiede. Insieme e con Amore anche il mostro più invincibile si può combattere.
Laura, Mamma e Infermiera.”