
Nuovi risultati dimostrano che empagliflozin ha ridotto del 39% il rischio di insorgenza o peggioramento di nefropatia rispetto a placebo, quando aggiunto a terapia standard, in soggetti con diabete di tipo 2 e malattia cardiovascolare accertata. È quanto è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine e presentato al 76°Congresso dell’American Diabetes Association (ADA)® di New Orleans. L’Empagliflozin è un inibitore del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2) orale in gradi di ridurre la glicemia in soggetti con diabete di tipo 2 inibendo il riassorbimento renale del glucosio, con conseguente eliminazione dello stesso nelle urine: “Questi risultati sono clinicamente importanti in quanto un soggetto su due tra i diabetici di tipo 2 nel mondo sviluppa nefropatia, che può progredire sino all’insufficienza renale, ed eventualmente al ricorso alla dialisi”, ha dichiarato il prof. Christoph Wanner, Primario del Reparto di Nefrologia e Ipertensione dell’Ospedale Universitario di Würzburg in Germania. “Il diabete è la causa principale di ricorso alla dialisi e sono, pertanto, necessarie nuove terapie, che possano aiutare a dare una risposta a questa fondamentale necessità medica”. Questi risultati rientrano in un programma prestabilito di analisi esplorative per valutare ulteriori endpoint dello studio cardine EMPA-REG OUTCOME®. L’insorgenza o il peggioramento della nefropatia è stato un endpoint composito prestabilito, comprendente gli eventi clinici sotto indicati. Rispetto a placebo, empagliflozin ha comportato i seguenti cambiamenti d’esito statisticamente significativi:
* Riduzione del 55% dell’avvio di terapia sostitutiva renale (es. dialisi);
* Riduzione del 44% del raddoppio della concentrazione di creatinina (un prodotto di rifiuto normalmente filtrato dai reni) nel sangue;
* Riduzione del 38% della progressione in macroalbuminuria (altissime concentrazioni dell’albumina nelle urine).
Empagliflozin ha, inoltre, rallentato in maniera significativa la riduzione della funzionalità renale nel tempo, rispetto a placebo. La maggior parte dei pazienti in questo studio assumeva già la terapia standard di blocco del sistema renina-angiotensina-aldosterone, raccomandata per la nefropatia nel diabete di tipo 2; gli effetti a livello renale di empagliflozin sono stati dimostrati in aggiunta a tale terapia. Un’analisi post-hoc di sottogruppo ha riscontrato, con empagliflozin, riduzioni omogenee del rischio per gli esiti renali, indipendentemente dalla compromissione della funzionalità renale, o elevate concentrazioni di albumina nelle urine al basale. Gli eventi avversi gravi e gli eventi avversi che hanno comportato l’interruzione del trattamento con empagliflozin sono stati comparabili rispetto a placebo, indipendentemente che i pazienti, al basale, presentassero o meno una funzionalità renale compromessa. La mortalità per nefropatia è stata un’eventualità rara verificatasi in tre pazienti trattati con empagliflozin (0,1%) e, in nessun caso, con placebo.
La ricerca è stata effettuata da Boehringer Ingelheim ed Eli Lilly and Company (NYSE: LLY).