Possono servire anche 3 infusioni alla settimana per tutta la vita per trattare una forma grave di emofilia che è una malattia genetica e consiste in un difetto nel sangue che ne impedisce la coagulazione, portando così ad emorragie che possono essere anche fatali. Al Policlinico di Milano si è appena concluso il primo trattamento di terapia genica in Italia per un paziente con Emofilia A grave: questo gli consentirà di evitare le frequenti infusioni per diversi anni e di avere una coagulazione del sangue uguale a quella di chiunque altro, con un impatto enorme sulla sua qualità di vita. L’emofilia è un difetto ereditario dovuto alla carenza di una delle proteine coinvolte nella coagulazione. La mancanza del fattore VIII causa l’emofilia A, mentre la mancanza del fattore IX causa l’emofilia B. I pazienti colpiti vanno incontro a episodi di sanguinamento, sia spontanei sia a causa di traumi anche banali: per gli emofilici diventa pericolosa anche una banale partita di calcetto, un giro in bicicletta, o anche solo farsi la barba senza le dovute attenzioni.
Ad oggi questi sanguinamenti possono essere prevenuti con le infusioni, che consistono nell’iniettare nel paziente i fattori VIII o IX che da solo non riesce a produrre. Questi fattori, che possono essere ricavati dal plasma di un donatore oppure ricombinanti (sintetizzati in laboratorio con le biotecnologie) vengono infusi in modo preventivo, per evitare danni alle articolazioni, ma anche per ridurre la frequenza delle emorragie. Purtroppo, per far funzionare regolarmente la coagulazione, questi fattori infusi hanno bisogno di essere somministrati regolarmente: anche 3 volte alla settimana per tutta la vita, e questo è uno dei motivi principali per cui i pazienti, in particolare bambini e adolescenti, rifiutano o interrompono il trattamento.
La terapia genica, invece, è una tecnica che sfrutta dei virus inattivati (ovvero resi innocui) come trasportatori di DNA, per andare a “correggere” un difetto genetico. Dato che nell’emofilia il DNA del paziente ha degli “errori” che impediscono di produrre nel modo giusto i fattori necessari alla coagulazione, la terapia genica fa in modo di inserire nel paziente il DNA corretto, ripristinando quindi la funzionalità dei fattori VIII e IX. Si tratta di una tecnica estremamente delicata e complessa, già impiegata per trattare pochissime altre patologie (ad esempio la ADA-SCID, nota anche malattia dei “bambini in bolla”) ma questa è la prima volta in Italia che viene impiegata sull’emofilia.
“Negli ultimi 10 anni sono stati fatti notevoli progressi a favore dei pazienti emofilici, ma la terapia più innovativa che ha dimostrato di poter trasformare il trattamento dell’emofilia è proprio la terapia genica”, spiega Silvano Bosari, direttore scientifico del Policlinico di Milano. “I risultati dei nostri studi clinici hanno dimostrato che una singola infusione di questa terapia può consentire a un paziente con emofilia grave di poter raggiungere livelli di fattore VIII o fattore IX quasi nella norma e per lunghi periodi di tempo, anche per alcuni anni.”
“Il primo paziente – aggiunge Flora Peyvandi, direttore Medicina Generale Emostasi e Trombosi del Policlinico di Milano e responsabile dello studio clinico – è stato trattato a inizio novembre, e oggi dopo quasi 4 settimane dall’infusione è in buone condizioni e sta conducendo la sua vita regolarmente, senza alcun particolare problema. Lo staff del nostro Centro Emofilia Angelo Bianchi Bonomi, in collaborazione con diverse altre Unità operative del Policlinico, ha partecipato all’organizzazione di tutte le fasi della procedura, e sta monitorando il paziente settimanalmente.”
“Il nostro ospedale – conclude Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano – tratta circa mille pazienti con emofilia grave o moderata, che rappresenta la più ampia casistica d’Italia. Questo trattamento di terapia genica è un primato che ha coinvolto in un perfetto lavoro di squadra oltre 20 esperti di diverse nostre unità operative, da medici internisti a ematologi, a infermieri, a farmacisti, ad anestesisti, e a breve lo studio sarà esteso coinvolgendo anche immunologi ed epatologi. Sono certo che questo sia solo l’inizio dell’utilizzo di farmaci moderni nelle malattie rare, che trovano nel Policlinico un perfetto punto di riferimento.”
Il primo paziente, intanto, prosegue i suoi controlli periodici: gli esperti devono verificare che la produzione del fattore VIII e la sua funzionalità siano sufficienti a per una corretta coagulazione. Nel frattempo però può godersi la vita di tutti i giorni, senza doversi preoccupare per un bel po’ di tutte quelle infusioni, e con la consapevolezza di essere stato il primo protagonista di una vera rivoluzione per l’emofilia.